(Adnkronos) – “Di fronte ad una situazione di vita che non riterrei più dignitosa e non più sopportabile credo che preferirei avere la possibilità di interromperla”. Don Giulio Mignani è un sacerdote ligure noto per le sue posizioni progressiste e coraggiose in contrasto con le gerarchie della Chiesa cattolica di cui fa parte. Pensando alla vicenda di ‘Mario’, Federico Carboni, il primo caso di suicidio assistito in Italia, in una intervista all’Adnkronos dice che se si trovasse in condizioni di vita insopportabili farebbe altrettanto. “Per me – osserva – la vita non si conclude nel cammino terreno per cui se la vita terrena dovesse diventare qualcosa di insopportabile penso che si’, veramente, la interromperei”.
Don Mignani, per dare il suo contributo al Sinodo che vede impegnata la Chiesa nel mondo fino al 2023, ha realizzato un sondaggio- dossier sui temi caldi che dividono la società, tra i quali anche il suicidio assistito, e lo ha inviato alla Segreteria generale del Sinodo e alla Segreteria di Stato del Vaticano per farlo arrivare all’attenzione del Papa. “Mi piacerebbe – spiega don Mignani – contribuire a dare voce anche alle posizioni per taluni versi “dissenzienti”, affinché potessero trovare adeguati spazi di espressione e di ascolto. Nella mia esperienza le percepisco come una sorta di fiume carsico, di cui non so misurare la reale portata, ma che qua e là, sempre più frequentemente, emerge in superficie manifestando un disagio e dunque una domanda di cambiamento che a mio parere non andrebbero sottovalutati”.
Sul tema legato al suicidio assistito, don Giulio Mignani ha chiesto nel dossier a cui hanno risposto 434 persone di ogni fascia di età: ‘La Chiesa concepisce la Vita come un dono di Dio e la considera un bene indisponibile. Per questo considera inammissibile l’eutanasia o il suicidio assistito, anche nei casi di malattie terminali, o in situazioni irreversibili di degrado, o di invalidità grave con sofferenze intollerabili. Sei d’accordo?’
La maggioranza degli interlocutori – il risultato del dossier che interpella i cattolici sui temi più scottanti (unioni gay, aborto, scandali sessuali, celibato dei preti, sacerdozio femminile..) è stato inviato al Papa che attraverso la Segreteria di Stato ha auspicato che “continui a rimanere vivo l’entusiasmo di approfondire e condividere i tesori del Vangelo” – non concorda con l’indirizzo della Chiesa: infatti il 57% non lo condivide per niente e il 21% scarsamente; mentre il 10% si dice abbastanza d’accordo e il 7% totalmente. Il 4% risponde non saprei. “Coloro che si dichiarano non d’accordo, pur affermando quasi sempre di considerare la vita come dono di Dio, ritengono che un bene così prezioso cessi di essere tale quando non è più consentito di viverlo con dignità. Un dono viene fatto affinché la persona a cui lo si è destinato possa farne un uso, sperabilmente responsabile, ma libero. Proprio la grande considerazione per la vita suggerisce l’idea di preservarla dal degrado estremo e dal diventare causa di dolore, di “tortura” intollerabile”, sintetizza il dossier.
Don Giulio Mignani ritiene che debba trovare uno sbocco la legge sul suicidio assisto ferma in Senato: “Certamente la legge al Senato non è perfetta ma è meglio che ci sia qualcosa piuttosto che nulla. A livello di ‘imperfezioni’ c’è che verrebbe ad operare delle esclusioni, penso ai malati terminali oncologici. Ma l’approvazione della legge sarebbe certamente un passo in avanti. La Consulta da tempo ha chiesto al legislatore di mettere mano alla legge”. Don Mignani ritiene sia “importante rispettare la scelta di chi non ce la fa più, così come è da rispettare chi decide di vivere la sofferenza fino all’ultima goccia”.
Don Mignani di recente aveva fatto anche un sondaggio sul tema, reso noto dall’associazione Coscioni, nel quale e’ emerso che “il 78 per cento degli interpellati – di cui il 71 per cento cattolici – dicono di non trovarsi d’accordo con la posizione della Chiesa. Un riscontro – spiega oggi il sacerdote – che deriva da esperienze più o meno dirette di persone che hanno amici, parenti che li hanno visti morire, provando un senso di impotenza quindi non è che le persone abbiano parlato per principio ma avendo sperimentato anche la necessità di una via d’uscita”.
Don Giulio, tornando al senso del dossier inviato al Vaticano, sintetizza: “Il desiderio di cambiamento che ci sembra emergere da parte di tantissimi interlocutori che hanno aderito a questa nostra iniziativa, e di cui ci facciamo personalmente interpreti, non comporta alcuna svalutazione del pensiero (minoritariamente manifestato anche nell’ambito di questa nostra indagine) di coloro che esprimono posizioni e aspettative di segno diverso o addirittura opposto. L’auspicio è invece quello di una Chiesa non omologante, in cui possano trovare diritto di cittadinanza anche modi diversificati di vivere la fede e l’appartenenza ecclesiale, senza veti e diffidenze reciproci, nell’ambito di un dialogo sempre aperto che promuova la vicendevole conoscenza, comprensione e legittimazione”.