Spesso abbiamo sentito di quanto e come, stress, ansia e disagi incidano sulla qualità della vita delle persone, ma se allorigine di tali fastidi clinici cè la firma di Equitalia, allora è inutile chiedere risarcimenti per danni morali. Tecnicamente la Cassazione riconosce il concetto di risarcimento a seguito di danni morali ma., come al solito, il labirintico e farraginoso corso della giurisprudenza rendo il tutto impossibile. A tal proposito il portale ’laleggepertutti.it’, spiega che la Cassazione ha stabilito che il semplice disagio, ansia o fastidio per un fermo auto, un’ipoteca o un pignoramento illegittimo di Equitalia non dà diritto al contribuente al risarcimento del danno morale. Secondo la Cassazione,Equitalia non è tenuta a risarcire lo stress subito dal contribuente per l’atto illegittimo(nel caso in questione si trattava di un fermo auto). Per i giudici supremi non sono risarcibili i danni consistenti in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di insoddisfazione, poiché costituiscono conseguenze non gravi e insuscettibili di essere monetizzate perché di lieve entità. Tuttavia, dalla lettura della sentenza si evince cheesistono ancora dei casi nei quali è possibile chiedere il risarcimento dei danni, che non è escluso a priori dalla Cassazione, la quale lo elimina solo se non vi sia un pregiudizio effettivo e percepibile. Nei casi in cui le conseguenze del comportamento illegittimo di Equitalia siano gravi e si possano quantificare, però, è possibile chiedere al giudice l’indennizzo, insieme all’atto di ricorso. E’ il caso, ad esempio, del contribuente cui venga imposto il fermo auto illegittimo e, per questo venga licenziato o perda le commesse di agente di commercio o dell’ipoteca su una casa che blocca le trattative di vendita. La seconda possibilità per ottenere il risarcimento dei danni èmostrare al giudice la responsabilità processuale di Equitaliache ha agito o ha resistito in causa pur avendo torto, per malafede o colpa grave. Essendo difficile dimostrare la malafede per un ente pubblico, ci si può precostituire la prova della colpa grave. Prima di agire in giudizio, e oltre alla normale mediazione tributaria, è consigliabile presentare un ricorso in autotutela all’Agente della riscossione e all’ente titolare del credito, in cui si evidenziano le ragioni del’illegittimità dell’atto. In questo modo l’amministrazione tributaria dovrà rettificare il proprio operato e qualora non lo faccia, per incuria o volontà, sarà passibile della sanzione processuale.