“Sono passati già tre anni e siamo alle primissime fasi. Gli avvocati dicono che è normale, che questi sono i tempi, ma noi che abbiamo passato un trauma del genere vorremmo vedere giustizia fatta”. Lo afferma all’Adnkronos Paolo Curi, il vedovo di Eleonora Girolimini, la mamma morta a 39 anni, insieme a cinque giovanissimi (Emma Fabini, Asia Nasoni, Benedetta Vitali, Mattia Orlandi, Daniele Pongetti), nella calca della discoteca ‘Lanterna Azzurra’ di Corinaldo, avvenuta la notte tra il 7 e l’8 dicembre del 2018, nel giorno di una delle prime udienze davanti al gup di Ancona nell’ambito del procedimento sulla sicurezza del locale. Lo scorso anno nel processo per l’altra inchiesta, quella sulla banda dello spray accusata di aver spruzzato sostanza urticante nella discoteca scatenando il panico per poter derubare i presenti, furono condannati in primo grado i sei imputati con pene dai 10 ai 12 anni. Ancora alle prime udienze davanti al gup, invece, l’altro filone legato all’inchiesta sulla sicurezza del locale.
Quella drammatica sera Paolo e la moglie Eleonora avevano accompagnato la figlia più grande alla ‘Lanterna Azzurra’, dove era prevista l’esibizione del trapper Sfera Ebbasta. Poi l’attesa per un concerto che non sarebbe mai iniziato, il panico, la calca, le vittime. “Mia figlia grande mi ha detto – sottolinea Paolo Curi – ‘Papà allora avevo 11 anni, ora ne ho 14, riuscirò a vedere la fine del processo prima di diventare maggiorenne?'”. “La fiducia rimane, è stato fatto un buon lavoro, ma arrivare alla fine di questo processo significa chiudere il cerchio e lasciarsi tutto indietro. Finché non succede, resta un senso di ingiustizia – continua – Le persone che ritengo colpevoli della mancanza dei nostri cari fanno la loro vita, mentre la mia e quella dei miei figli è completamente rovinata. Eleonora non ce la ridà indietro nessuno, ma almeno vogliamo vedere giustizia fatta”.
Non basta al marito di Eleonora la prima sentenza nei confronti dei sei imputati della banda dello spray: “Certo, in quel caso giustizia seria è stata fatta, loro hanno sbagliato ed è giusto che paghino e stanno pagando anche abbastanza seriamente”.
“Ma quella sera io ero lì, era un locale fatiscente, privo di ogni sicurezza, sovraffollato. Le vere colpe sono qui”, in questo procedimento, sottolinea il vedovo di Eleonora aggiungendo che in occasione di altri ‘colpi’ simili, messi a segno dalla banda, i locali furono evacuati mentre nel caso della ‘Lanterna azzurra’ si è scatenata la tragedia.
Paolo Curi poi si sfoga: “All’inizio c’è stata molta, anche troppa attenzione, tante promesse, ora invece sono solo, abbandonato con i miei quattro figli senza nessun aiuto da parte dei servizi sociali”. Ora che sono passati quasi tre anni dalla tragedia i riflettori si sono spenti e Paolo, che vive a Senigallia, si divide tra lavoro e la vita famigliare con i suoi quattro bambini, il piccolo di 4 anni, le gemelle di 10 anni e la grande di 14 anni, senza più la sua Eleonora.
“Devo elemosinare l’aiuto due volte a settimana per due ore dei servizi sociali, ho dovuto prendere una baby sitter, mi aiutano in tutto e per tutto i nonni, i genitori di Eleonora, ma si fanno sempre più anziani – racconta – A cosa servono le istituzioni se non ad aiutare le persone? Io e Eleonora non abbiamo mai chiesto aiuto per i nostri bambini. Io non amo lamentarmi, sono sempre stato umile e non è nel mio stile, ma la mia rabbia nasce dal fatto che mi ritrovo così non per mia negligenza ma per colpe altrui. All’inizio l’aiuto c’è stato, anche troppo, ma ora la nostra storia è stata un po’ dimenticata”.