(Adnkronos) – Una strategia chiara basata sulla dissimulazione delle proprie reali intenzioni. Le migliaia di miliziani di Hamas che lo scorso 7 ottobre hanno fatto strage in Israele, uccidendo circa 1.200 persone, hanno seguito un piano ben preciso e basato sul far credere che dalla Striscia di Gaza non sarebbero più arrivati pericoli su larga scala per lo Stato ebraico. “Hamas ha cullato Israele in un falso senso di calma”, scrive il Washington Post, spiegando, a due mesi dal massacro, come sia stato possibile che i vertici degli apparati di intelligence e militari israeliani siano rimasti completamente spiazzati dall’azione del gruppo palestinese.
Ufficiali dell’intelligence israeliana, citati dal quotidiano Usa di area conservatrice, hanno sostenuto in un briefing che Hamas abbia trascorso anni a pianificare il suo assalto a Israele, elaborando piani di battaglia basati su materiali open source e intelligence di alto livello. Secondo il giornale, infatti, la sofisticatezza dell’attacco e l’evidenza di una pianificazione strategica a lungo termine hanno messo in evidenza da una parte la capacità dell’apparato di intelligence di Hamas e, dall’altra, l’autocompiacimento della tanto decantata sicurezza dello Stato israeliano.
Anche il luogo dove si è tenuto il briefing a cui il Washington Post ha partecipato è significativo: il quartier generale di Amshat, un’unità dell’intelligence precedentemente incaricata di raccogliere documenti e altro materiale tecnico rilevante per la guerra, poi smantellata cinque anni fa e infine riattivata in tutta fretta dopo i fatti del 7 ottobre. “Israele, in sostanza, aveva deciso che la guerra era finita”, ha detto una persona che ha familiarità con l’unità, parlando a condizione di anonimato.
Per anni Hamas aveva fatto credere a Israele di essere più interessata a una crescita economica della Striscia che a una ripresa del conflitto. Nel 2021, ad esempio, si era astenuta dal lanciare razzi contro Israele, rimanendo in disparte mentre la Jihad islamica palestinese scatenava un conflitto di breve durata con Tel Aviv. Funzionari di Hamas avevano persino fornito a Israele informazioni sulla Jihad Islamica per rafforzare l’impressione che fossero interessati a collaborare.
E invece, come è stato dimostrato, molti dei 3mila combattenti che hanno preso d’assalto Israele avevano con loro mappe dettagliate delle basi militari, piani di battaglia con istruzioni specifiche, alcuni dei quali prevedevano di colpire basi militari a nord fino a Rehovot e a est fino a Beersheva, così come due punti – nome in codice punti 103 e 106 – nelle acque del Mar Mediterraneo. Non è chiaro se l’obiettivo fossero gli impianti per la produzione di gas naturale offshore.
Tuttavia nell’esercito israeliano ci sono stati analisti che da tempo avvertivano che Hamas stava lavorando a un’infiltrazione senza precedenti via terra, aria e mare. Alcuni di loro avevano messo in guardia da mesi, in alcuni casi da più di un anno, che i militanti islamisti non stavano semplicemente effettuando esercitazioni oltre il confine di Gaza, come avevano affermato molti leader delle Idf, ma stavano preparando attivamente la loro più grande operazione militare mai vista.
Un documento delle Idf – nome in codice ‘Muro di Gerico’, composto da più di 30 pagine – venne presentato nel maggio 2022 ad Aharon Haliva, il capo dell’intelligence delle Idf, e a Eliezer Toledano, il capo del comando meridionale delle forze israeliane, secondo quanto riferito dal Nyt. Il dossier non specificava una data per l’attacco, ma metteva in guardia da un possibile assalto di sabato o in occasione di una festività ebraica, quando meno soldati sarebbero stati a guardia del confine. Ad aprile poi alcune unità dell’esercito aveva emesso un allarme interno sul rischio infiltrazione di Hamas con centinaia di militanti nei kibbutz vicino alla Striscia di Gaza. Ad agosto, settimane prima dell’attacco, nuove informazioni di intelligence indicavano un attacco imminente.
Sempre negli ultimi mesi, poi, erano state organizzate grandi manifestazioni presso la barriera di Gaza per abituare i militari israeliani alla vista di folle al confine e, più in generale, “per cullare Israele nell’autocompiacimento”, ha detto Miri Eisin, ex dirigente dell’intelligence delle Idf.
Secondo Eisin, “c’erano piani presi molto sul serio: ma erano al nord, con Hezbollah”. Gli avvertimenti erano stati tutti ignorati e le comunità sul lato israeliano del confine non sono mai state informate. “Pensare che ci fossero informazioni e che non ci sono state comunicate è più di una svista, è un tradimento – ha detto Rami Samuel, uno degli organizzatori del Nova Music Festival – Una svista non può costare la vita a 1.200 persone”.