“Vola solo chi osa farlo”. Il testamento di Luis Sepulveda è un invito a non smettere di credere, anche quando sembra impossibile. Il poeta e scrittore cileno è scomparso oggi a 70 anni a causa del coronavirus, ma le sue opere continueranno a vivere sempre, così come i suoi insegnamenti, che prendono una volta le sembianze di un gabbiano e un’altra quelle di un gatto.
Come il suo capolavoro più acclamato ‘Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare’, romanzo del 1996 diventato ormai un classico della letteratura contemporanea. ‘Historia de una gaviota y del gato que le enseñó a volar’, questo il titolo originale dell’opera, è un tenero affresco di umanità e gentilezza, in un mondo che non fa sconti.
‘Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare’, di cosa parla
Il romanzo diventato anche un lungometraggio di successo chiamato ‘La gabbianella e il gatto’, racconta la storia della gabbiana Kengah, pronto a deporre il suo primo uomo. Durante una battuta di caccia di aringhe rimane però intrappolata in una pozza di petrolio, chiamata ‘peste nera’, dalla quale si libererà a fatica arrivando nella città più vicina, Amburgo, dove trova riparo su un balcone di una casa.
Lì incontra Zorba, un grosso gatto nero con una macchia bianca sul collo a cui chiede tre cose: di non mangiare l’uovo che sta per deporre, di prendersene cura e di insegargli a volare non appena abbia raggiunto l’età giusta per farlo. Zorba prende in parola la gabbiana e cerca in tutti modi di salvare lei e prendersi cura della gabbianella in arrivo, dando vita ad una storia commovente e indimenticabile. Da recuperare, per chi non lo avesse ancora fatto.