Per chi si aspettava un presidente di “transizione” o un Joe Biden “sonnecchioso”, parafrasando allegramente il soprannome con cui Donald Trump chiamò l’ex rivale in campagna elettorale, si è dovuto ricredere in fretta. Nell’atteso discorso di ieri, mercoledì 28 aprile, al Congresso, definito storico dal New York Times per la presenza, alle spalle del presidente, della vice Kamala Harris e della speaker della Camera Nancy Pelosi (ci si può aspettare di più da un Paese come gli Stati Uniti), Biden è un fiume in piena. “Ho ereditato una nazione in crisi, ora siamo di nuovo in cammino”, rivendica il presidente, pronto a chiedere al Congresso l’avvio di una nuova era per la spesa pubblica. “Non possiamo fermarci ora”.
Il programma è ambizioso, in stile americano, per “trasformare il pericolo in possibilità, la crisi in opportunità, la battuta d’arresto in forza”, ma il welfare è “all’europea, scrive Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera. Un piano anti-Covid da 1.900 miliardi, l’intervento pubblico più importante dai tempi di Lyndon Johnson, è stato già approvato dal Congresso. Ieri Biden ha lanciato un altro piano da 1.800 miliardi, l’American families plan, per sostenere le famiglie a basso reddito con interventi a favore dell’assistenza sanitaria, all’infanzia e all’istruzione. Duecento miliardi serviranno per mandare tutti i bambini americani dai 3 ai 4 anni all’asilo. Altri 2.300 miliardi sono previsti nel Build back better, soldi destinati in investimenti nelle grandi opere. In totale fanno circa 6.000 miliardi.
Ma chi pagherà? Biden ha annunciato che l’aliquota sulle persone fisiche salirà dal 37% al 39,% (era stata abbassata da Trump) su chi guadagna più di 400mila dollari all’anno. Tasse più alte anche per le imprese, dal 21 al 28%. Sarà difficile ottenere un consenso “bipartisan”. Ma “la pandemia ha solo reso le cose peggiori – ha spiegato Biden – perché mentre 20 milioni di americani perdevano il loro lavoro, i 650 miliardari in America hanno visto la loro ricchezza aumentare di oltre mille miliardi di dollari. E’ ora di fare qualcosa”.
Non solo agenda economica, ma c’è anche tanta politica estera (ma poche novità) nel discorso del presidente (se mai le due cose fossero così scollegate nel 2021). Lo sguardo è rivolto a Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. “Pronti a cooperare – sottolinea – ma non un passo indietro”. Sull’Afghanistan invece è confermato, sulla scia del predecessore, il ritiro delle truppe americane entro l’11 settembre 2021, data fortemente simbolica. Una decisione che lascia “molti problemi non risolti” sul territorio, per citare il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che solo il tempo potrà valutare. Anche se, salvo situazioni emergenziali, non è la politica estera a segnare il termometro nell’opinione pubblica statunitense (e non solo).
Tornando tra i confini americani, Biden sa che dovrà fare i conti anche con la questione razziale e con la violenza della polizia. È del 20 aprile la storica sentenza, per molti esemplare, nei confronti di Derek Chauvin, condannato per l’omicidio di George Floyd. Nell’unico passo del discorso che ha raccolto l’applauso di tutti i presenti (democratici e conservatori), ha detto che “la maggioranza delle forze dell’ordine che porta il distintivo serve con onore la nostra comunità”. Ma “dobbiamo procedere insieme – ha aggiunto – per ricostruire la fiducia tra polizia e cittadini, per estirpare il razzismo sistematico nel nostro sistema e attuare una riforma nel nome di Floyd”. Solo pochi giorni fa un giovane ispanico è morto soffocato dopo esser stato immobilizzato a terra per cinque minuti da tre agenti.
Non mancano altri temi spinosi, prima fra tutti immigrazione e possesso e vendita delle armi (cavallo di battaglia per molti dem, successo per nessuno). Al confine con il Messico, dove i centri di detenzione sono strapieni, migliaia di minori, separati dalle famiglie, sono in attesa di conoscere il loro destino. Dove andranno ricollocati? Il successo di Biden (e di Kamala Harris) e il cambio di rotta rispetto alla precedente amministrazione passa anche da qui.
Mario Bonito