È successo di nuovo. Un ragazzo di 13 anni, Linden Cameron, disarmato e con problemi psichici, è stato gravemente ferito da un agente della polizia a Salt Lake City, nello Utah. L’episodio, avvenuto venerdì 4 settembre, è stato raccontato dalle madre ai media americani. Tornata a casa dal lavoro, aveva trovato il figlio in preda a una crisi nervosa. Così ha deciso di chiamare il 911, i soccorsi negli Usa. Una volta arrivata la polizia, gli agenti hanno intimato al ragazzo di mettersi a terra. Ma Linden, impaurito, è scappato e uno dei poliziotti gli ha sparato tre colpi. Ora è ricoverato in ospedale in gravi condizioni con ferite alla spalla, alle caviglie, all’intestino, alla vescica e al colon.
“Non era armato, stava cercando di attirare l’attenzione. Perché non l’hanno semplicemente affrontato? Ho detto loro dei suoi problemi, è solo un bambino, ma loro lo hanno inseguito e ho sentito i colpi”, ha raccontato la madre in lacrime.
Un episodio simile a quello avvenuto qualche mese fa a Rochester, Stato di New York, dove Daniel Prude, 30enne afroamericano con problemi psichiatrici, è morto asfissiato dopo un intervento della polizia. Gli agenti avevano messo un cappuccio antisputo per proteggersi dal coronavirus al ragazzo che, si è scoperto in seguito, aveva fatto uso di sostanze stupefacenti.
Questa volta il portavoce delle forze dell’ordine locali, Keith Horrocks, ha provato a dire che gli agenti erano stati chiamati perché Linden aveva un’arma e stava minacciando alcune persone. L’arma non è stata ritrovata. Ma la dimostrazione, questa sì, della necessità di una riforma della polizia americana.
Mario Bonito