Riflettori puntati sulla Georgia, dove oggi si tiene un importante ballottaggio per eleggere i due senatori che rappresenteranno lo Stato al Senato federale. L’esito del voto darà forma e sostanza alla futura amministrazione del presidente eletto Joe Biden e della sua vice Kamala Harris. Ad oggi, infatti, il Senato è composto da 50 senatori repubblicani e 48 democratici. Un’eventuale vittoria di entrambi i candidati progressisti, Raphael Warnock e Jon Ossoff, permetterebbe al Partito democratico di controllare la Casa Bianca ed entrambe le camere del Congresso. In caso di parità (50 e 50) l’ultima parola spetta alla presidente del Senato, ruolo ricoperto dalla vicepresidente degli Stati Uniti (Harris, democratica).
Ipotesi remota secondo molti analisti: ai repubblicani basta conquistare un seggio (i candidati, più esperti dei dem, sono David Perdue e Kelly Loeffler). Inoltre, l’elettorato della Georgia è tendenzialmente conservatore, soprattutto se si tratta di votazioni al di fuori delle presidenziali. Il voto è già stato espresso a novembre, ma nessuno ha raggiunto la soglia del 50% prevista nello Stato per vincere.
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I candidati repubblicani sono David Perdue e Kelly Loeffler. Perdue, businessman di successo, è senatore dal 2014. Loeffler, 50 anni, già senatrice dal 5 gennaio 2020, è un’accesa sostenitrice di Trump. Sul versante democratico ci sono Raphael Warnock e Jon Ossoff, due candidati con pochissima esperienza politica. Warnock è un sacerdote protestante afroamericano, dal 2005 pastore della parrocchia Ebenezer, ad Atlanta, di Martin Luther King. Jon Ossoff, 33 anni, è considerato un giovane talentuoso. In quattro settimane ha raccolto circa cento milioni, mai così tanti per un singolo seggio al Senato.
Data l’importanza del voto, che potrebbe realmente modificare l’attuabilità dell’agenda politica di Biden per i prossimi quattro anni, sia Trump che il presidente eletto sono scesi in campo in Georgia. Ieri Biden ha tenuto un comizio ad Atlanta, città multietnica e con un’economia in crescita, che alle presidenziali ha votato in massa per lui. Domani il Congresso conterà i voti della sua vittoria e lo proclamerà ufficialmente, contestazioni dell’ultimo minuto a parte, presidente degli Stati Uniti.
Ma proprio con la volontà di ribaltare l’esito del voto del 3 novembre, il presidente uscente Donald Trump è volato a Dalton, città all’estremo nord dello Stato. L’ultimo assalto per non concedere ai democratici, dopo la presidenza, anche il Senato. Il mantra, snervante, è sempre lo stesso: “Abbiamo vinto, non c’è verso che abbiamo perso. Non permetteremo che ci venga rubato anche il Senato”. Il resto si può riassumere con le parole della candidata repubblicana, Kelly Loeffler: “Siete pronti a mostrare che l’America è uno Stato rosso (ndr: colore repubblicano)? Questo presidente si è battuto per noi, e noi ci battiamo per lui”. L’obiettivo – dice Loeffler – è trincerarsi contro il socialismo dei democratici.
A preoccupare maggiormente, però, è la richiesta finale di Trump a Mike Pence, vicepresidente uscente: disertare al proprio dovere costituzionale. In qualità di presidente del Senato, domani Pence dovrà certificare al Congresso il voto dei grandi elettori. “Spero che Mike si schiererà con noi. Mi piace molto – ha detto dal palco Trump di lui – è una brava persona”. Anche gli elettori americani sperano lo sia.
Mario Bonito