Non si fermano gli scontri a Portland, in Oregon, teatro di proteste dei manifestanti di Black Lives Matter da ormai più di tre mesi, ovvero dalla morte di George Floyd, il 46enne afroamericano soffocato a Minneapolis durante un fermo di polizia.
Sabato sera una persona è stata uccisa da un colpo d’arma da fuoco mentre erano in corso due diverse manifestazioni: una antirazzista, l’altra di sostenitori del presidente Donald Trump, arrivati in città a bordo di circa 600 furgoni e pick up. Non è ancora chiara la dinamica dell’omicidio, ma la vittima è un manifestante pro Trump, un uomo che indossava un cappellino dei Patriot Prayer, un gruppo di estrema destra. In un video diffuso sui social si vede una persona cadere a terra dopo il rumore di due spari e altre che corrono ad aiutarla. Alla vicenda indagano forze dell’ordine locali ed Fbi.
Adesso, dopo il caso Jacob Blake, il 29enne afroamericano gravemente ferito dalla polizia lo scorso 24 agosto, e a due mesi dalle presidenziali, la situazione in molte città americane rischia di degenerare.
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Non si è fatta attendere, su Twitter, la reazione del tycoon: “Il solo modo per fermare la violenza nelle città come Portland, guidate dai democratici, è attraverso la forza!”. Quel “law and order” tanto rivendicato durante la convention repubblicana. “Così il presidente istiga alla violenza”, ha replicato Ted Wheleer, sindaco di Portland, secondo cui Trump sta portando avanti una campagna elettorale antidemocratica, basata sulla paura.
Mario Bonito