Già nelle precedenti stagioni, tra passaggi a mare ‘chiusi’ – spesso abusivamente – spiagge abbandonate a se stesse e mancanza dei servizi igienici primari, sul litorale laziale la possibilità di trascorrere una giornata al mare era ad appannaggio degli stabilimenti e dei loro ‘esosi’ prezzi, tali da trasformare il budget per una vacanza in Calabria, in un solo mese di abbonamento con ombrellone e cabina, in qualsiasi tratto di costa compreso fra Santa Marinella ed il Circeo.
Ora poi, con l’avvento del coronavirus, ed un futuro ancora incerto per l’imminente stagione balneare, per i ‘poveri cristi’, l’eventuale di portare i figli a fare il bagno per sfuggire alle temperature proibitive dell’estate romana, divengono ancora più remote.
Ma non solo, suo malgrado, a ‘complicare’ ulteriormente’ la situazione ci sta pensando la Regione Lazio e la sua ‘anti-democratica’ proposta: applicare il numero chiuso, insieme ‘all’ovvio’ distanziamento fra gli ombrelloni. Questo perché, giustamente, per ‘decidere le regole’ alla Pisana siederanno intorno ad un tavolo le associazioni di categoria (notoriamente pronte a piangersi addosso già quando va tutto bene), e non certo i ‘fruitori’ del mare.
Anti-democratico da parte della Regione perché, come sempre, non si incentiva mai lo sviluppo degli arenili liberi, lasciando che muoiano invasi dai rifiuti e dall’abusivismo, a vantaggio dei balneari.
Allo studio, de parte della Pisana, proposte come: accessi limitati, esponendo all’ingresso il numero massimo di clienti consentito; ovviamente, segnaletica circa le nome da rispettare ed i comportamenti da adottare; quali sono i limiti di spazio a disposizione dei clienti (fra gli ombrelloni) e degli operatori (chiaramente non inferiori al metro minimo raccomandato); erogatori di gel igienizzante per le mani agli ingresso; ‘finalmente’ (dopo anni di batteri e funghi) in tutte le strutture igienizzazione degli ombrelloni, dei lettini e delle sdraio dopo l’utilizzo; così come igienizzazione delle superfici comuni, a disposizione dei clienti, come i camminamenti, e gli interni di bar e ristoranti.
Tuttavia il ‘punto focale’ sarà il discutibile – ma inevitabile – prenotare l’ingresso allo stabilimento.
Perché discutibile? Perché dovendo quest’anno rinunciare ad almeno un terzo in meno (per i più fortunati) dei posti a disposizione, per ovvi motivi saranno privilegiati i clienti abituali rispetto a quelli occasionali, come dire ‘quelli della domenica’, che ‘pagherebbero’ così l’impossibilità di poter avere accesso ad uno stabilimento se non abbonati.
Il resto sono disposizioni rivolti ai lavoratori delle attività (misurazione della temperatura, occhiali e visiera e cambio divisa dopo ogni turno, ecc.), ed alla gestione interna (distanza fra i tavoli, igienizzazione, stoviglie monouso, ecc.), così come tutte le segnaletiche necessarie per avvertire i clienti dei loro diritti ma, soprattutto, dei doveri.
Insomma tanti accorgimenti e disposizione (doverosi, intendiamoci), che andranno inevitabilmente a pesare oltremodo a danno dei gestori, per altro – come spiegato – già costretti a dover rinunciare ad una larga fetta di ingressi e clienti. Il tutto si tradurrà in onerose spese in più che poi, in un modo o nell’altro, dovranno in parte scontare i clienti, per altro ogni anno puntualmente spremuti.
Insomma per quanti economicamente inguaiati si prospetta una scelta comunque ‘pesante’: o rimanere in città a cuocersi nell’afa, o rassegnarsi a farsi spillare soldi per un bagno che si preannuncia ‘salatissimo’…
Spiagge libere? Al momento non sono state nemmeno prese in considerazione ma, vista l’aria che tira, se lo saranno sarà per trasformarle in luoghi inaccessibili salvo multe da capogiro…
Max