(Adnkronos) – Anoressia, bulimia, abbuffate incontrollate. I disturbi del comportamento alimentare o Dca colpiscono sempre di più e presto, soprattutto le ragazze, con esordio precoce tra i 12 e i 17 anni se non prima. In vista del 15 marzo – Giornata nazionale del Fiocchetto lilla dedicata ai Dca, la Sinpia, Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, lancia l’allarme: “Negli anni più recenti abbiamo osservato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che” il problema “non riguarda più soltanto gli adolescenti, ma anche bambine e bambini in età prepuberale, con conseguenze più gravi sul corpo e sulla mente, sullo sviluppo in genere. L’identificazione e l’intervento tempestivo e multidisciplinare sono decisivi per una prognosi migliore”, afferma la presidente Sinpia Elisa Fazzi, direttore dell’Unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Asst Spedali Civili e Università di Brescia.
I Dca affliggono oltre 55 milioni di persone nel mondo e oltre 3 milioni in Italia, pari al 5% circa della popolazione, ricorda una nota Sinpia. L’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi soffrono di anoressia o bulimia (dati Osservatorio Aba e Istat); l’incidenza è aumentata del 30% per effetto della pandemia e il picco è soprattutto tra i giovanissimi, colpiti fino a 4 volte in più rispetto al periodo pre-Covid a causa dell’isolamento, della permanenza forzata a casa, della chiusura delle scuole e dell’annullamento delle iniziative di coinvolgimento sociale (dati ministero della Salute). Secondo una ricerca curata dall’Istituto superiore di sanità sui centri specialistici del Servizio sanitario nazionale, su oltre 8mila utenti il 90% è femmina; il 59% ha un’età compresa fra 13 e 25 anni, il 6% meno di 12. L’anoressia nervosa rappresenta il 42,3% dei casi, la bulimia nervosa il 18,2%, il ‘binge eating’ il 14,6%.
“I disturbi legati all’alimentazione possono essere associati ad altri sintomi come depressione, ansia, bassa autostima e comportamenti autolesionistici”, elenca Fazzi. “Quello del neurosviluppo, che riguarda bambini e ragazzi tra 0 e 18 anni, è un periodo delicato – sottolinea – in cui i fenomeni maturativi del sistema nervoso centrale non hanno uguali nelle successive fasi della vita. A ogni tappa dello sviluppo, compresa la preadolescenza, possono corrispondere possibili rischi e vulnerabilità. In questo periodo la famiglia e la scuola sono fondamentali nell’individuare i primi segnali di rischio come forma di tutela e protezione della salute di bambini e adolescenti”. L’invito è a vigilare, perché “se non trattati in tempi e con metodi adeguati – avvertono i neuropsichiatri dell’infanzia – i Dca possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico) e, nei casi gravi, portare alla morte”. Per esempio, “all’anoressia nervosa è collegata una mortalità 5-10 volte maggiore che in persone sane di uguali età e sesso”.
L’anoressia nervosa è uno dei più diffusi disturbi del comportamento alimentare – rimarca la Sinpia – il cui trattamento richiede un’intercettazione preliminare da parte del medico di famiglia che permetta poi l’invio agli specialisti, neuropsichiatri infantili e nutrizionisti, che lavorano in équipe multidisciplinari. Nella maggior parte dei casi la terapia prevede la combinazione di un intervento psicoterapeutico sul paziente e sulla famiglia e una ‘riabilitazione’ dietetico/nutrizionale, al fine di aiutare la persona con Dca a comprendere le motivazioni della sua sofferenza e a superarla, e gradualmente a riprendere un corretto rapporto con il cibo.
Ma il progresso tecnologico apre a strategie innovative. Dai risultati di un recente studio tutto italiano, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health’, emergono nuovi approcci terapeutici basati sulla realtà virtuale con “importanti risultati nei soggetti affetti da anoressia nervosa – riportano gli specialisti – Questa tecnologia consente ai pazienti di essere immersi in un ambiente virtuale che si adatta al loro stato psicologico e può essere particolarmente indicata negli adolescenti se presentata come un gioco. In generale, l’implementazione della realtà virtuale in contesti clinici può anche favorire una maggiore partecipazione del paziente, aumentando la sua fiducia nei confronti di esperienze del mondo reale”.