Sepolta fino al collo, bendata e presa a sassate davanti alla folla da un gruppo di militanti Shabaab col volto coperto. Così Safia Ahmed Jimale, 33 anni è stata giustiziata, donna e madre somala di 33 anni, accusata di poligamia. E’ accaduto nella città di Barawew, venerdì scorso, a sud della Somalia, dopo che una corte islamica degli integralisti aveva emesso il verdetto di colpevolezza. Il gruppo Shabaab, che assicura la sua lealtà ad Al Qaeda, è protagonista di una campagna militare per imporre nel Paese la stretta interpretazione della Sharia, la legge islamica. Respinti dalla forza multinazionale dell’Unione Africana e dall’esercito regolare da molte aree della Somalia, soprattutto nel centro e nel sud, i militanti mostrano così la propria autorità nelle regioni ancora sotto il loro controllo. Centinaia di persone venerdì si sono radunate per assistere all’esecuzione, avvenuta in campo aperto alla presenza del governatore regionale Shabaab. Safia è stata infilata in una buca e ricoperta di terra in modo da lasciar fuori solo la testa. E’stata tempestata a morte dal lancio di pietre da parte dei miliziani a volto coperto e uomini della comunità di Barawe. Secondo la testimonianza di un residente, Ahmed Abdullahi, tra i presenti alcuni hanno vomitato. Quando Safia ha esalato l’ultimo respiro, ha aggiunto il testimone, estratto dalla buca il suo corpo è stato portato via per i funerali. Sheik Mohamud Abu Abdullah, presentatosi alla folla come giudice Shabaab, ha affermato che Safia Ahmed Jimale ha confessato di avere tre mariti, inconsapevoli di aver sposato la stessa donna e che i tre hanno testimoniato contro di lei. Secondo la tradizione di molti Paesi di fede islamica, una donna può avere un solo marito, mentre un uomo può sposare fino a quattro donne. Agli occhi dell’oscurantismo Shabaab, Safia si è macchiata di un reato gravissimo: aver invertito i ruoli tra uomo e donna, secondo l’interpretazione radicale della Sharia. Il sedicente giudice ha aggiunto che Safia ha ammesso la sua colpevolezza davanti alla corte e si è detta pronta a essere lapidata per assicurarsi il perdono di Dio. Presso la La corte degli Shabaab non viene ammessa la rappresentanza legale per gli imputati né la possibilità di presentare appello contro il verdetto.