(Adnkronos) –
La Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) “appartiene alle malattie neurodegenerative”, in cui “muoiono le cellule dei motoneuroni, che fanno muovere i muscoli. La conseguenza è la paralisi progressiva di tutti i muscoli, anche di quelli che ci fanno parlare, respirare e deglutire. Colpisce 6mila persone in Italia: è una malattia rara, ma non troppo. Attualmente non abbiamo terapie efficaci perché ancora non conosciamo completamente i meccanismi, ma è vero che negli ultimi anni stiamo acquisendo conoscenze importanti. Avevamo tante strade aperte per la terapia. Abbiamo trovato la strada della genetica che sta dando risultati molto buoni”. Queste le parole di Mario Sabatelli, presidente Commissione medico scientifica di Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) e direttore clinico adulti Centro Nemo Roma al policlinico Gemelli, in occasione della XV Giornata nazionale Sla che si celebra domenica 18 settembre.
“Sappiamo – continua il professore – che sicuramente il 15-20% dei casi è dovuto, in maniera certa, a un difetto genetico. In un altro 20-30% l’interessamento genetico è estremamente probabile”. Appare possibile che “tutte le persone con Sla abbiano qualcosa che non vada nel libro delle ricette di come siamo fatti, il nostro Dna, e su questo si concentra la ricerca. Se scopriamo le cause possiamo individuare dei target terapeutici”. Questo, sottolinea Sabatelli, è “successo per i 2 geni coinvolti nella Sla: uno è Sod-1 e l’altro è C9orf. Per entrambi sono state trovate molecole che interferiscono con il gene e ne limitano i danni. E la novità di questi ultimi mesi, sono proprio i risultati promettenti per il gene Sod-1. Dobbiamo studiarne tutte le mutazioni. Per l’altro gene, invece, il risultato non è buono, ma bisogna continuare: la strada è questa”.
La ricerca è un aspetto fondamentale perché “dà speranza a noi clinici e alle persone affette da questa terribile malattia”, dice Riccardo Zuccarino, fisiatra Centro ascolto Aisla e direttore clinico del Centro Nemo Trento. “Spesso i pazienti e le loro famiglie avvertono una situazione di stasi. Non c’è una terapia efficace e questo aggrava il senso di solitudine. In realtà c’è tantissimo lavoro, molta attività di ricerca che non si vede, ma c’è. Il Trentino permette di far incontrare la parte di ricerca di base con un servizio di eccellenza di risposta clinica e di rete territoriale: dà una risposta concreta per lo sviluppo futuro, speriamo in nuove terapie per questa malattia”.
In questo contesto, è chiaro il motivo del Congresso “SoloLavorandoAssieme” previsto a Trento per sabato 17 settembre, vigilia della XV edizione della Giornata nazionale Sla. Un appuntamento per parlare di Sla e per lanciare il messaggio che solo lavorando insieme è possibile affrontare la complessità di questa patologia neurodegenerativa.
E’ grazie alla lungimiranza della Provincia autonoma di Trento e della sua Azienda provinciale per i servizi sanitari che, accogliendo la richiesta delle associazioni dei pazienti, da poco più di un anno è operativo il Centro Nemo Trento, che, ad oggi, ha preso in carico oltre 240 pazienti, di cui circa il 40% provenienti da fuori Provincia, prevalentemente dal Triveneto. Il congresso, sotto l’egida di AIsla, ha come focus la sinergia tra ricerca, clinica e assistenza sul territorio a supporto dei pazienti.
“Un’occasione speciale – dice Zuccarino – perché, a livello trentino, si sono riunite una serie di situazioni che sono diventate un volano virtuoso”. E gli enti promotori dell’iniziativa affidano alle parole del professor Carlo Borzaga – oltre quarant’anni nella ricerca e nell’insegnamento, presidente emerito di Euricse e oggi anche testimone di cosa significhi in prima persona affrontare la malattia – la presentazione delle finalità dell’appuntamento: “Un incontro che vuole condividere con i malati e i loro familiari il lavoro di ricerca, di cura e assistenza sul territorio che si sta sviluppando in Provincia di Trento e, al tempo stesso, che vuole raccontare come le diverse realtà stanno collaborando tra di loro”.