Gli hotel della riviera romagnola, i completi sartoriali dimenticati, i tendaggi scoloriti dal sole, le corazze metalliche e i chierichetti. Nella primavera/estate 2022 di Simon Cracker non c’è solo una storia ma mille piccoli racconti che Simone Botte, fondatore e designer del brand, ama mettere insieme, scomporre e ricomporre, proprio come fa con i capi che crea. “Le stagioni non sono più come quelle di una volta, anche nell’arte e nella moda ci stiamo adattando al clima – spiega il creativo, appena finito nella rosa dei finalisti di Who is on Next?, il progetto di scouting dedicato ai brand Made in Italy realizzato con il supporto di Altaroma e Vogue Italia -. E’ un’estate con look che si possono comporre e scomporre, ci sono pezzi super estivi come il cotone e l’uncinetto e poi i maglioni. Tutto è 100% upcycling, realizzato con materiali di recupero distrutti e riassemblati per dare vita a qualcosa di interessante”.
Classe 1985, originario di Cesena, Simone, selezionato dalla Camera della moda italiana tra i partecipanti al progetto Designer for the Planet, è stato influenzato dal nonno pittore e dalla madre creativa. Dopo aver studiato come grafico pubblicitario ha iniziato a occuparsi di grafiche e pattern dei tessuti di marchi come Prada, Moschino e Iceberg, lavorando nel contempo su pezzi disegnati e dipinti da lui stesso con gli inchiostri di scarto, fino a fondare la sua etichetta Simon Cracker. “Crack è il suono di qualcosa che si rompe ed il concetto da dove parte tutto – racconta lo stilista – rompere qualcosa e dargli una nuova vita. Mio nonno ha sempre detto di non buttare una cosa perché mi sarebbe tornata utile in un’altra forma. Ogni stagione mi faccio ispirare dai ricordi. Belli o brutti che siano. Tutto ciò che mi colpisce e mi attrae fa da cornice”.
Una cornice che nel tempo è diventata sempre più etica, come l’ultima collezione, che è upcycling al 100%. “E’ realizzata con tessuti e capi smontati e ricreati – sottolinea Simone -. Capi e materiali provenienti da aziende fallite della zona oppure selezionando ciò che era fuori produzione oppure rimanenza di fabbriche di divani”. Con sarte e magliaie di Cesena, Simone lavora da anni per realizzare i suoi look.
“Sono le stesse che mi hanno visto crescere – spiega – amiche di mia zia e mia nonna che mi hanno sempre supportato guardando le mie idee non con aria scioccata, ma cercando di capirmi anche se lavoro in modo diverso rispetto a quello cui erano abituate. Io arrivo, strappo il maglione, lo rompo, lo lavo male per infeltrirlo. Questo è un bel collegamento tra la tradizione e il futuro, l’iinovazione, sono generazioni a confronto che non mi hanno mai fatto sentire in difetto e anche loro credo non si siano mai sentite con idee vecchie”.
A contribuire al successo di Simone c’è anche il comune di Cesena. “Con il suo supporto mi ha permesso di realizzare la sfilata digitale in uno dei luoghi che preferisco della mia città, l’ex chiesa dello Spirito Santo nella cuore del centro storico – ricorda lo stilista – l’ho vista in tantissime vesti, dalle mostre artistiche alle performance teatrali e mi ha sempre affascinato anche quando ero piccolo e mi ci intrufolavo con mio nonno”.
I ricordi rivivono anche in passerella con modelli che hanno l’aria ribelle, “un po’ come ero io – sottolinea Simone -. Sembrano messi da parte nella città di provincia, non capiti al 100%, ma hanno molte idee e sanno quello che vogliono”. Per questa collezione Simone ha avuto il supporto di giovani e talentosi creativi della Laba, Libera Accademia delle belle arti di Rimini che con la docente Sabrina Foschini ha selezionato e coinvolto in attività di ogni tipo all’interno del backstage. (di Federica Mochi)