(Adnkronos) – “Non si sente alcun bisogno di una nuova norma contro i rave party perché è già sufficiente l’articolo 633 del codice penale”. Non ha dubbi il costituzionalista Stefano Ceccanti, professore ordinario di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università di Roma “La Sapienza” ed ex senatore del Partito democratico, secondo cui il decreto-legge 162 del 2022 per quanto riguarda i rave party inserisce tra l’altro nel testo espressioni che potrebbero “consentire all’interpretazione margini eccessivi di intervento”. Due i termini contenuti nella nuova norma che secondo il giurista sono “assolutamente da evitare”: “‘Ordine pubblico’ ed il verbo ‘può”, nel punto del decreto in cui si legge “…..quando dallo stesso
può derivare
un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumita’ pubblica o la salute pubblica….”. “Vanno usate le parole utilizzate nella Costituzione, non quelle che sono state evitate”, spiega il giurista all’Adnkronos.
Secondo Ceccanti, “l’espressione ‘può derivare un pericolo’ consente all’interpretazione margini eccessivi di intervento. Ed è assolutamente da evitare la dicitura ‘ordine pubblico’ che nell’articolo 17 della Costituzione non è volutamente utilizzata. La Costituzione – ricorda – parla solo di sicurezza o incolumità pubblica”. La Corte costituzionale non ha più volte riconosciuto che ‘l’ordine pubblico materiale’ costituisce un limite desumibile dall’articolo 17 della Costituzione (sentenza 160-1976; 15-1973; 168-1971; 54-1961)? “La giurisprudenza non e’ cosi’ univoca: Parte della dottrina ha cercato di salvare la nozione pre-costituzionale del periodo fascista di ordine pubblico, cercando di ridurla al cosiddetto ordine pubblico ‘materiale’ (distinto da uno più ampio chiamato ideale) che coinciderebbe coi limiti dell’articolo 17 – risponde Ceccanti – Ma questa operazione non mi ha mai convinto. Se la Costituzione ha scelto di parlare di sicurezza o incolumità e non anche di ordine pubblico sarei per ripetere ove necessarie le parole della Costituzione e non usare termini ambigui, altrimenti si finiscono per ri-espandere i limiti alle libertà”
Il costituzionalista ricorda che tra l’altro “la nozione di ordine pubblico era non casualmente l’elemento chiave del testo unico fascista di pubblica sicurezza del 1931 dove ricorreva ben 23 volte. I costituenti lo evitarono quindi a giusta ragione per marcare la discontinuità di una moderna democrazia liberale. Finche’ ci si ferma ai limiti previsti dalla Costituzione, dunque solo a sicurezza e incolumità pubblica – rileva Ceccanti – si può infatti salvare anche il surreale raduno di Predappio, ma se si comincia erroneamente a ri-legittimare anche un più ampio limite di ordine pubblico andando oltre la Costituzione, e sia pure parlando solo di ordine pubblico materiale, a quel punto – conclude – porrebbe rientrarci anche Predappio”. (di Roberta Lanzara)