(Adnkronos) – L’articolo 5 del decreto-legge 162 del 2022, di cui si è dibattuto a proposito dei rave party, “potrebbe essere allo stato attuale applicato anche a casi come quello dei manifestanti sul Gra se fosse rilevata la sussistenza di una sua generica pericolosità”. Lo dice il costituzionalista Gaetano Azzariti, docente di Diritto Costituzionale rispondendo all’Adnkronos sul blocco del traffico a Roma da parte degli ambientalisti, che all’altezza di Selva Candida nonostante l’ira degli automobilisti ieri hanno impedito la circolazione. Azzariti aggiunge: “Non entro nel merito della manifestazione, che non conosco, ma in caso di applicazione del così detto decreto anti rave party l’eventuale pericolosità del raduno sarebbe soggetta a una libera interpretazione da parte dell’Autorità, invece che, come prescrive la Costituzione, essere valutata in modo concreto”.
“Io assisto da costituzionalista con qualche preoccupazione alla volontà espressa anche attraverso la norma così detta anti rave party di estensione del concetto di ordine pubblico che dovrebbe essere interpretabile solo in modo “materiale”, per evitare le violenze, e non in termini “ideali” per permettere alle autorità di conservare una generale pace sociale. È necessario considerare – prosegue il Costituzionalista – che il diritto di manifestare implica naturalmente degli effetti che incidono sull’ordinario svolgimento di altre attività. Anzi, le manifestazioni sono esplicitamente pensate per attirare l’attenzione pubblica anche attraverso i disagi provocati da chi scende in piazza per esprimere la sua protesta. Ciò non ha nulla a che fare con i comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica di cui parla l’articolo 17 della Costituzione e che possono portare al divieto. Un generico pericolo non appare sufficiente per un intervento delle forze dell’ordine”.
Secondo Azzariti, quindi per garantire l’ordine pubblico “non è necessario l’articolo 5 del decreto 162/2022, che potrebbe potenzialmente e pericolosamente estendersi ad ogni riunione in luogo pubblico. Semmai serve un più rigoroso bilanciamento tra i motivi di sicurezza – che devono essere interpretati in termini ristretti – e le garanzie di manifestare liberamente – che devono essere assicurate nei termini più estesi “. “Il decreto-legge, che allo stato attuale potrebbe essere applicato a chiunque si riunisca in più di 50 persone, rimette all’interpretazione di chi deve tutelare l’ordine pubblico, l’estensione del divieto e la perseguibilità con sanzioni che arrivano ad una pena massima di ben sei anni di reclusione. Nell’articolo 5 – rileva il professore della Sapienza – si usa un’espressione che lascia basiti per la sua genericità: ‘raduno pericoloso’. Senza alcuna indicazione sul tipo di “raduno” o sul grado di “pericolo”; tutto è lasciato alla libera interpretazione delle autorità pubbliche ed eventualmente dei pm che potranno esercitare l’azione penale per perseguire i supposti reati. Si tenga presente che a rigore e per paradosso qualunque raduno può costituire un pericolo. Di contro l’articolo 17 della Costituzione afferma che il pericolo alla sicurezza deve essere “comprovato”. Qui invece – conclude – si intende una pericolosità astratta”. (di Roberta Lanzara)