Moussa Sangare, l’uomo di 31 anni che ha confessato l’omicidio di Sharon Verzeni, verrà interrogato nel carcere di Bergamo. Sangare è accusato di aver ucciso la barista di 33 anni nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo. Gli inquirenti cercheranno di far luce sul movente del delitto, cercando risposte alle molte domande ancora aperte. L’omicidio ha sconvolto la comunità locale e l’interrogatorio di oggi potrebbe fornire nuovi elementi cruciali per comprendere le motivazioni dietro questo tragico evento.
Le indagini hanno rivelato che Sangare aveva con sé quattro coltelli la notte del delitto, un dettaglio che ha spinto il pubblico ministero Emanuele Marchisio e la procuratrice facente funzioni Maria Cristina Rota a chiedere la convalida del fermo con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione. Secondo la confessione resa da Sangare durante l’interrogatorio del 30 agosto, prima di accoltellare Sharon, avrebbe detto alla vittima: “Scusa per quello che sta per succedere”. La donna, sorpresa e terrorizzata, avrebbe risposto ripetendo più volte “Perché, perché, perché?”. Questi elementi suggeriscono una preparazione consapevole dell’atto, anziché un semplice raptus o un gesto impulsivo.
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Il quadro dell’inchiesta, sebbene delineato in molte sue parti, non è ancora completo. Gli investigatori continuano a cercare ulteriori dettagli per chiarire completamente la dinamica dell’omicidio. Il legale della famiglia Verzeni, l’avvocato Luigi Scudieri, ha sottolineato la necessità di ulteriori indagini per verificare la presenza di premeditazione, evidenziando che Sangare aveva tutto il tempo di riflettere sul suo gesto prima di compierlo.
Gli inquirenti stanno anche cercando di rintracciare due giovani che sarebbero stati minacciati da Sangare poco prima dell’omicidio. Questi testimoni potrebbero fornire dettagli significativi per ricostruire le ore precedenti al delitto e chiarire il comportamento di Sangare in quel frangente. L’avvocato Scudieri ha rivolto un appello pubblico affinché queste persone si facciano avanti e collaborino con le autorità per fornire informazioni utili all’indagine.
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Le dichiarazioni dei familiari di Sangare gettano ulteriore luce sulla sua condizione mentale e sul suo cambiamento di comportamento negli ultimi anni. La sorella di Sangare, Awa, ha riferito che Moussa era “un bravo ragazzo” ma che la sua vita è cambiata radicalmente dopo un periodo trascorso negli Stati Uniti e a Londra nel 2019, dove avrebbe iniziato a fare uso di droghe sintetiche. “Non era più lui”, ha dichiarato Awa, sottolineando come la dipendenza abbia avuto un impatto devastante sulla personalità di Moussa, rendendolo irriconoscibile.
La famiglia di Sangare aveva tentato di cercare aiuto per lui, ma ogni tentativo di farlo entrare in un programma di riabilitazione è stato vano. “Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza”, ha detto Awa, aggiungendo che le autorità avevano offerto volantini di centri antiviolenza ma che per un ricovero in un centro di disintossicazione sarebbe stata necessaria la volontà di Moussa stesso.
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