Nel prepartita il giusto tributo ai campioni del secondo scudetto giallorosso in occasione del quarantennale (ma perché non organizzare queste belle cerimonie a stadio pieno? Che tristezza vedere sfilare quei grandi giocatori in un Olimpico ancora semideserto), poi, alla fine della decima sconfitta in campionato contro un Inter da massimo risultato col minimo sforzo, ecco Mourinho portare la sua truppa sotto la Curva Sud per tributare il giusto riconoscimento ad una tifoseria impagabile e sempre
presente.
C’è chi festeggia lo scudetto delle idee e della programmazione tecnica (Napoli, un esempio da seguire) e chi, come quasi sempre, vive di sogni di gloria che svaniscono quando il gioco si fa duro. Come la Roma di quest’anno, che ancora una volta cerca di supplire con la volontà e il carattere ad una carenza tecnica, strutturale e di gioco che di fatto la esclude dalla lotta Champions dopo l’amara sconfitta casalinga con i nerazzurri di Inzaghi. Centrocampo rinforzato (giustamente viste le premesse) con Camara al posto di un impresentabile Solbakken ed ecco una Roma tonica e pimpante che tiene testa nella prima mezz’ora all’Inter, più con la testa al superderby europeo di mercoledì che all’impegno in campionato. Un’occasione di Pellegrini e nulla più ma la sensazione che un pareggio si possa portare a casa.
Peccato che al primo affondo di Dumfris, Spinazzola si dimentichi di coprire la sua fascia di competenza e il cross generi il goal di Dimarco al 33’.
Poi, nella ripresa e nel momento di massima intensità della gara, ecco l’ennesima frittata di Ibanez che regala al limite dell’area il pallone agli avversari dopo un bell’anticipo su Lukaku.
Gara finita e qualche minuto per Dybala e Abraham in vista della semifinale di giovedì col Bayer Leverkusen.
Serata malinconica e di presa di coscienza definitiva, quella di sabato con l’Inter. Con Mourinho che in sala stampa si rifiuta di commentare gli episodi arbitrali (sospetto rigore non concesso ai giallorossi sullo 0-1 per un fallo di mano) e punzecchia ancora società e nemici in un gioco al massacro da tutti contro tutti che non si sta rivelando felice. Ormai l’hanno capito anche i sassi.
Difficile che il portoghese possa rimanere sulla panchina giallorossa anche il prossimo anno e così Mourinho, senza nessuno che possa frenare il suo slancio dialettico (eufemismo) lancia macigni e accuse che sembrano chiamarlo fuori dalla
rete dei colpevoli di questa stagione che rischia di rivelarsi fallimentare in caso di sconfitta coi tedeschi in Europa League.
In una stagione dominata da un Napoli senza avversari, con le milanesi in affanno e la Juve a mezzo servizio per infortuni, gioco
scadente e squalifiche incombenti, piazzarsi al settimo posto sarebbe la certificazione di una sopravvalutazione generale, tecnica e amministrativa, dell’intera società.
Tra chi non parla mai e chi straparla è arrivato il momento di spiegare più che accusare e gli applausi ad una folla adorante non possono bastare a cancellare gli errori.
Rui Patricio 6, Mancini 6, Cristante 6, Ibanez 4, Zalewski 5 (dal 9’3 Missori ng),
Camara 5,5 (dal 93’ Pisilli ng). Matic 6,5 (dal 93’ Tahirovic ng), Bove 6 (dal 72’
Dybala 5,5), Spinazzola 4,5, Pellegrini 5, Belotti 5 (dal 75’ Abraham 5). All.Mourinho 6
Claudio Fontanini