SEPPURE LENTAMENTE, IL SUD TORNA A RINASCERE: PIU’ LAVORO MA ANCORA POCHI SOLDI

Stamane alla alla Camera dei Deputati è stato presentato il Rapporto Svimez 2017, intitolato al rapporto tra l’occupazione ed il Mezzogiorno. Il focus ha evidenziato come, nel 2016, nelle regioni del Sud gli occupati sono aumentati dell’1,7% (pari a 101 mila unità). Tuttavia il dato positivo è ad appannaggio delle regioni centro settentrionali, capaci di recuperar interamente la perdita di posti di lavoro registrata nel corso della crisi (+48 mila nel 2016 rispetto al 2008) mentre, nel caso di quelle meridionali, il ’recupero’ non è stato altrettanto celere, e rispetto alla recessione persistono ancora 381 mila unità da colmare. Dunque, ’agganciato’ al Paese, anche il Mezzogiorno è sulla scia della ripresa economica (i tassi di crescita sono infatti di poco inferiori a quelli del Centro-Nord), come dimostra l’ottimo andamento registrato nel 2016. Certo c’è ancora molto da fare: l’industria meridionale sta ripartendo ed il lavoro aumenta, ma le retribuzioni rimangono ancora basse, e purtroppo cresce il part time involontario. Oltre che l’esportazione, buona anche la prova dell’industria manifatturiera meridionale – incentivata politiche di sviluppo territoriale – che nel biennio è cresciuta nel Sud di oltre il 7%, più del doppio del resto del Paese (3%). Anche per via della povertà che inibisce i consumi, c’è però da dire che, se rapportato a quello della media europea, nel Meridione il tasso di occupazione è decisamente ancora il più basso, 35% inferiore, sebbene ad agosto di quest’anno siano stati incentivati oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura “Occupazione Sud”. In un’area del Paese ’depressa’ anche sotto il punto di vista della natalità, aggiornando le sue stime ad ottobre, Svimez nell’aggiornare il PIL italiano (complessivamente cresciuto dell’1,5%), ha evidenziato come Centro-Nord sia stato del +1,6%, al Sud invece del +1,3%. Guardando quindi al 2018, la previsone di crescita del PIL nazionale è previsto che si attesterà all’1,4%, sottolineando una variazione territoriale dell’1,4% nel Centro-Nord mentre, per il Sud, dell’1,2%. E guardando al 2018, Svimez stima un importante balzo delle esportazioni e degli investimenti da parte del Sud. Decisivo anche gli effetti della legge di Bilancio 2018, che (scontata la mancata attivazione della clausola di salvaguardia relativa all’aumento delle aliquote IVA nel 2018 per circa 15 miliardi), concorreranno ad un apprezzabile incremento dell’occupazione. Ora la scommessa è rappresentato dal previsto ridimensionamento della Pa nel Mezzogiorno, in termini di risorse umane e finanziarie, che rispetto al Centro-Nord peserà per circa circa 3.700 euro a persona, producendo però personale più giovane ed a più alta qualificazione. Ad ogni modo esiste e preoccupa molto l’indigenza: lo studio sottolinea infatti che nel 2016, rispetto ai 6 nel Centro Nord, 10 meridionali su 100 risultano ancora in condizioni di povertà assoluta. Qui infatti il rischio di cadere nell’indigenza più assoluita è triplo rispetto al resto del Paese. Basti pensare che ad esempio, in Sicilia e Campania sfiora il 40%. A riprova del fatto che per molti l’unica soluzione è quella di ’andare via’, ancora oggi l’emigrazione sembra essere l’unico canale di miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie meridionali. Questo spiega le 6mila persone che nel 2016 hano preferito cercare migliori prospettive di vita all’estero, aggiornando in negativo il saldo migratorio complessivo del Sud il quale, mediamente, è di circa 28 mila unità. I pendolari sono invece qualcosa come 208 mila persone, 54 mila delle quali si sono spostate all’interno del Meridione mentre, 154 mila sono passate al Centro-Nord o all’estero. Nell’ambito della presentazione infine, Svimez ha inoltre spiegato che “l’introduzione del reddito di inclusione avvia un processo per dotare anche l’Italia di una forma universalistica di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. Ma per ora l’impegno finanziario è assolutamente insufficiente: del REI beneficerà soltanto il 38% circa degli individui in povertà assoluta per importi che sono generalmente compresi fra il 30 e il 40% della soglia di povertà assoluta per molte tipologie familiari”.
M.