“Riforme dopo anni di immobilismo”. In una delle slide che Matteo Renzi mostra in una riunione sui temi della comunicazione e delle infrastrutture al Nazareno, c’è un po’ lo spirito con cui il premier vorrebbe superare la terza tappa del percorso delle riforme, che, con la relazione della presidente della commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro, si aprirà a Palazzo Madama, dando il là ad partita che si preannuncia delicatissima visti anche i numeri non certo confortanti della maggioranza. Una partita in cui di certo conterà l’approdo ad un punto di caduta con le istanze della minoranza Dem, verso la quale, si sottolinea in ambienti renziani, c’è la volontà di un’apertura ma senza toccare l’articolo 2, che prevede l’elettività indiretta dei senatori. Ed è proprio su questo punto che ruoterà il dibattito. Secondo il documento ’dei 25’ senatori della minoranza, una modifica dell’art. 2 è necessaria in seguito ad una correzione, apportata nel testo approvato alla Camera, che disciplina come “la durata del mandato dei senatori coincida con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai – e non più ’nei’ – quali sono stati eletti”. Correzione che, argomentano i bersaniani, non è solo lessicale e rischia di prevedere l’ipotesi di un sindaco che non esercita più le funzioni di governo locale, ma continua ad essere senatore fino alla scadenza del Consiglio regionale che lo ha eletto. Diversa è la volontà della maggioranza Pd, a cominciare dal ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che solo pochi giorni fa, ribadendo l’intenzione di andare al voto in Aula entro l’8 agosto, avvertiva come, sulle riforma, non sia possibile “fare il gioco dell’oca”. E’ qui, insomma, che, in mancanza di un accordo politico, la frattura nel Pd potrebbe consumarsi, in una partita in cui, dando o meno un placet ’tecnico’ all’eventuale modifica dell’art.2, anche il presidente del Senato Pietro Grasso gioca un ruolo dirimente. Un punto di caduta, per i renziani, potrebbe invece essere quello dei listini ad hoc, votati dagli elettori, all’interno dei quali i consigli regionali sono chiamati a scegliere i futuri senatori. Una modifica che non toccherebbe l’art. 2 ma si aggancerebbe alla legge attuativa disciplinata nell’ultimo comma del medesimo articolo 2. In questo contesto pesano le incognite sui numeri e il rischio ingorgo di provvedimenti al Senato, chiamato a convertire 3 decreti e ad affrontare, sulla carta, anche il ddl unioni civili – sul quale appare quasi scontato il rinvio a settembre – e quello di riforma della Rai. Mentre sui numeri la maggioranza rischia anche già in commissione dove, complice i recenti smottamenti nei gruppi, il rapporto con l’opposizione è di 14 a 14, con l’anomalia Gal (presente con due esponenti, Giovanni e Mario Mauro) sulla quale potrebbe essere chiamata ad esprimersi la presidenza del Senato. Nel frattempo, però, il Pd cerca di evitare qualsiasi ingolfamento chiedendo alla presidente della Camera Laura Boldrini il rinvio del rinnovo delle presidenze delle commissioni. Rinvio che potrebbe concretizzarsi entro luglio, coincidendo con il previsto mini-rimpasto di governo. A quel punto il calendario delle riforme dovrebbe già essere avviato e decisive in commissione – se la sua composizione non cambierà – potrebbero essere le assenze strategiche dei 2 esponenti dati vicini ai ’verdiniani’ pro-riforme.