Sdoganato il motto del Vate, Salvini rilancia il ’Me ne frego’

Continua a suon di botta e risposta l’aspra polemica tra il Commissario Ue Jean Claude Juncker e il Ministro degli Interni Matteo Salvini, che ora si affida alla letteratura novecentesca, riportando in auge il celebre motto dannunziano “Me ne frego”. Il leader leghista è intervenuto per difendere con forza la manovra economica, che, assicura, ’’Sarà seria e coraggiosa e poi dal prossimo anno il debito scenderà’’; ospite in mattinata a ’Mattino Cinque’, su Canale 5, Salvini ha assicurato: ’’Abbiamo sempre detto che avremmo fatto una manovra coraggiosa anche se in Europa ci avessero bacchettato”, ma il “presidente della Commissione Ue ci paragona alla Grecia, la Francia ci minaccia, il tedesco ci minaccia… Queste minacce – insiste il Ministro – non ci sfiorano e come D’Annunzio dico ’me ne frego’, perché noi rispondiamo solo agli italiani’’.
Per la seconda volta in meno di una settimana, dunque, viene sdoganata un’espressione originariamente appartenente agli Arditi durante la Prima guerra mondiale e resa famosa dal Vate, ma poi entrata nella fraseologia fascista con i discorsi di Benito Mussolini. D’Annunzio era stato tirato in ballo anche sabato scorso, quando Salvini nel corso di un intervento alla Giornata mondiale del sordo a Roma, aveva detto: “Abbiamo fatto una manovra che investe soldi per chi di soldi non ne vede da molti anni: giovani, pensionati, le pensioni di invalidità. E se a Bruxelles mi dicono che non lo posso fare me ne frego e lo faccio lo stesso”.
Altri leader in passato hanno usato il ’Me ne frego’ di memoria mussoliniana. Tra questi Silvio Berlusconi, che se ne servì nel 2018 per replicare a chi gli domandava se fosse in ambasce per la decisione di Strasburgo sul suo ricorso (poi ritirato). Non è la prima volta che l’attuale ministro dell’Interno sceglie il linguaggio politicamente ’scorretto’, ma lo fa a meno di 48 ore dallo show dal balcone di palazzo Chigi dei suoi colleghi M5S, che ha provocato un’ondata di commenti sui social e sulla carta stampata, con l’inevitabile richiamo ai discorsi del Duce. C’è però anche un precedente ’comunitario’, e riguarda la frase del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker che in polemica con l’allora premier Matteo Renzi usò le parole “je m’en fous”. La traduzione che andò per la maggiore fu “me ne frego”, con inevitabile coda di polemiche, anche se in francese il senso è tra “non m’importa” e il triviale “me ne fotto”. Benché attribuito a D’Annunzio (che lo definì un motto ’crudo) e poi diventato lo storico slogan squadrista, il ’Me ne frego’ (tratto dal dialetto romanesco) probabilmente era diffuso già tra gli Arditi durante la prima guerra mondiale e la successiva Impresa di Fiume. Apparve per la prima volta sui manifesti lanciati dagli aviatori del Carnaro su Trieste. Ed era ricamato in oro al centro del gagliardetto azzurro dei legionari fiumani. Qualcuno dice che traeva origine dalla scritta che un soldato ferito si fece apporre sulle bende, come segno di abnegazione totale alla Patria. Secondo gli ultimi studi, sembra che il motto nacque in occasione della Battaglia del Solstizio (15 giugno 1918), così battezzata da D’Annunzio per la coincidenza con il solstizio estivo e per il significato strategico che assunse nel prosieguo della Grande Guerra, quando il colonnello degli arditi rispose così al suo superiore, che gli aveva ordinato di lanciarsi con i suoi uomini in una missione suicida per la Patria: “Me ne frego, si fa ciò che si deve fare per il Re e per la Patria”. Gli Incursori di oggi del nono Reggimento d’assalto paracadutisti, considerato il reparto diretto erede degli Ardiri della Prima Guerra Mondiale, continuano ad usare l’espressione “me ne frego del dolore, me ne frego della fatica, me ne frego dei sacrifici, me ne frego della mia ideologia politica o del mio credo religioso perché faccio quello che l’autorità militare mi ordina di fare”.