Da una parte un dl duro ed inflessibile che obbliga gli over 50 a vaccinarsi immediatamente, denunciando una situazione sanitaria preoccupante, dall’altra, medici, insegnanti famiglie, Regioni e presidi (senza contare poi anche la questione privacy legata alla situazione vaccinale di ciascun stridente), che da giorni continuano ad invocare invece il ripristino della Dad o, quantomeno, un rinvio della ripresa in presenza. Ma nonostante le proteste, il governo sembra non volerne saperne, ‘imponendo’ il ritorno in presenza.
Dal canto suo, evidentemente conscio dell’enorme responsabilità che gli pesa sulle spalle, il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, stamane ha commentato che ”Abbiamo affermato il principio importante di avere una scuola in presenza, ma abbiamo regolato anche la possibilità, per casi specifici e mirati, di un uso della didattica a distanza, per un tempo limitato”. Dunque, ha tenuto a rimarcare, ”Non solo abbiamo confermato il principio base della scuola in presenza, ma abbiamo regolato una situazione che poteva essere fuori controllo, quello di un uso diffuso e senza regole della formazione a distanza”. Rivolgendosi poi al relativo decreto, approvato lo scorso 5 gennaio, il ministro ha tenuto a ribadire “è stato un provvedimento equilibrato e ispirato al buon senso. Il contagio non è avvenuto nelle scuole, l’aumento dei casi si è registrato quando la scuola era chiusa. Insistere sulla presenza è una misura sanitaria importante che permette ai ragazzi di essere in una situazione controllata“.
Manco a dirlo, ‘il sempre più Generale’, e meno Commissario all’emergenza, ligio al dovere rispetta ‘gli ordini’ e commenta la situazione quasi con apparente distacco rispetto alla realtà dove – fra contagi, insegnanti ‘forse malati’, supplenti inesistenti, e mezzi pubblici senza controlli – regna il caos più totale: ”E’ importante il ritorno a scuola. Le scuole sono luoghi sicuri, con le mascherine, con il distanziamento, ed è importantissimo dal punto di vista sociale, anche di equità sociale”. Quindi ha poi concluso Figliuolo, non convincendoci affatto: “E’ importante il tracciamento, il testing, noi ci siamo già attivati prima di Natale“.
Tuttavia come dicevamo, le Regioni – che ben conoscono il reale polso della situazione – sono invece del parere opposto. Infatti, in special modo nel Mezzogiorno – dalla Campania alla Sicilia – sono stati moltissimi gli amministratori locali che, in accordo con sindaci e governatori, hanno autonomamente preferito posticipare il rientro in classe.
Se ad esempio in Sicilia il presidente Musumeci ha deciso di fa slittare di 3 giorni il ritorno nelle aule (per rivedere nel frattempo la logistica), in Campania il governatore De Luca ha firmato un’ordinanza con la quale ha sospeso l’attività didattica in presenza fino al 29 gennaio per le scuole dell’infanzia, elementari e medie. Dal canto suo Michele emiliano, governatore pugliese, attraverso Fb ha ribadito che ”Le Regioni hanno, invano, richiesto un posticipo della riapertura per avere il tempo di completare le vaccinazioni degli studenti e in particolare quelle dei più piccoli, ma il governo sul punto è stato irremovibile”. Quindi, ha denunciato ancora Emiliano, ”Il governo italiano, nonostante i rischi epidemiologici legati all’ancora basso livello vaccinale dei bambini da 5 a 11 anni, ha deciso di far riprendere le lezioni in presenza da lunedì 10 gennaio. Le vostre preoccupazioni sulla riapertura della scuola sono anche le mie e quelle dei presidenti delle Regioni italiane”. E se “In Calabria – rivendica il presidente Occhiuto – stiamo vaccinando nelle scuole. Siamo la prima Regione in Italia per incremento delle vaccinazioni rispetto ai target del generale Figliuolo, grazie al senso di responsabilità delle famiglie e dei ragazzi. Forse sarebbe stato opportuno differire la riapertura delle scuole di 15 giorni. Non è stato così, ma non è tempo di polemiche”, Giovanni Toti governatore ligure avverte che “Sono sicuro che domani ma anche nelle prossime settimane ci sarà confusione. Tenere tutto aperto ma chiudere le scuole sarebbe non solo un brutto segnale ma sarebbe anche poco utile. Se chiudessimo le scuole, poi, comunque, i ragazzi andrebbero a giocare al calcio, uscirebbero con gli amici o andrebbero a mangiare la pizza quindi chiudere sarebbe surreale. Credo che si farà un vaccino anti Covid tutti gli anni, che il virus debba circolare. Io da presidente di Regione ricordo benissimo le ondate influenzali stagionali che hanno riempito gli ospedali, se non come il Covid, ma ci siamo andati vicini”.
Nei giorni scorsi era stato Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, ad esprimere forti perplessità rispetto al rientro nelle scuole per oggi. Anche perché, ha voluto precisare ancora stamane, ”La via maestra dovrebbe essere quella della comunicazione fra Asl e scuole”, soprattutto in merito alla gestione dei casi positivi nelle classi dove, per assurdo debbono essere gli studenti stessi a dover autodichiarare il proprio stato vaccinale, quando invece “Dovrebbe esserci un dialogo tra le istituzioni, sottolinea Giannelli. “Trovo improprio e inaccettabile che il preside debba chiedere a singoli ragazzi spesso minorenni lo stato vaccinale. La cosa corretta è chiedere i dati alle Asl attraverso i referenti Covid. Il codice privacy è stato modificato circa un mese fa. Adesso una istituzione pubblica è autorizzata a trattare dati particolari, prima chiamati sensibili, se ne ha bisogno per svolgere i propri compiti. La scuola ha una grande varietà di situazioni non facilmente omologabili di cui si deve tenere conto. I ragazzi non possono essere messi in imbarazzo“.
Infine, benché il loro giudizio sia determinante, dopo i ripetuti appelli nei giorni scorsi al governo – puntualmente ignorati – attraverso il loro presidente, Filippo Anelli, la Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), fino ad oggi ha rimarcato la proposta di posticipare l’apertura delle scuole, per poi recuperarla magari a giugno: “C’è, tra i colleghi, una forte preoccupazione per il picco atteso verso la metà del mese – avverte Anelli – Da qui l’idea di posticipare il rientro a scuola in presenza per cercare di contenere l’aumento dei contagi e dei ricoveri che sta mettendo a dura prova il Servizio sanitario nazionale. Le misure messe in atto dal governo sono importanti – ha commentato ancora il presidente – ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi. Per questo chiediamo uno stop di 15 giorni, da recuperare poi a giugno, quando dovremmo essere fuori dall’emergenza“.
Max