La scuola ripartirà in presenza il 7 gennaio con le modalità prevista dal Dpcm del 3 dicembre: studenti in presenza al 50% ed entrate scaglionate alle 8 e alle 10. Lo ha ribadito ieri il premier Giuseppe Conte durante il vertice con i capidelegazione di maggioranza. Ma ad oggi la ripartenza è tutt’altro che scontata.
Presidi e sindacati criticano la scelta del governo. “È troppo rischioso”, spiegano i rappresentanti di categoria. “Le famiglie sono confuse, i docenti si stanno reinventando modalità didattiche e non è chiaro se alle Regioni sono arrivate le risorse per ampliare la mobilità con mezzi aggiuntivi”.
Tante le perplessità anche da parte dei docenti. Al Visconti, storico istituto romano, in 50 hanno firmato una lettera in cui vengono criticati gli ultimi due decenni di politiche di tagli “che hanno prodotto lo sfacelo su sanità e istruzione”. Manca “un modello organizzativo”, spiegano i professori, mentre quello attuale “mostra di ignorare il senso profondo della formazione e dello studio”.
Prudenza anche da parte dei governatori. L’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, chiede al premier di ripensarci. “Con questi dati in crescita non si può riaprire – spiega – D’Amato – Occorre grande prudenza siamo nella fase più delicata della pandemia”. Linea sposata anche dal presidente dell’associazione presidi per il Lazio, Mario Rusconi. La palla (ri)passa al governo, che dovrà prendere una decisione nelle prossime ore per porre fine a questo caos.
Mario Bonito