SCUOLA – VENERDÌ NERO NELLA CAPITALE: DOMANI SCIOPERO GENERALE DI ANIEF E SINDACATI DI BASE. STUDENTI IN CORTEO NEL CENTRO STORICO

Un venerdì nero domani per la protesta della scuola, che vedrà fermarsi i dipendenti legati a Unicobas, Anief, Cub, Cobas, Usi Surf. Una giornata di rivendicazioni – con la promessa di replicare anche a dicembre – che tocca tutti: docenti, dirigenti, educatori, Dsga, ed Ata, compatti nel contestare la cosiddetta ’Buona Scuola’ e la riforma diventata legge a luglio. Legittima d’altronde la richiesta al governo di aumenti veri e norme eque da parte dei lavoratori investiti da tale ‘rivoluzione inversa’. Come sempre ‘lo sciopero’ sarà corollato da cortei programmati sia a Roma che a Milano (dalle 9,30 a largo Cairoli). Come al solito, pur mostrando solidarietà alla protesta, sarà il quotidiano della Capitale a dover subire in termini di caos, mezzi, traffico e sicurezza, ‘gli effetti collaterali’. Nella Capitale infatti saranno diverse, anche nelle modalità, le zone interessate dall’agitazione scolastica: dalle 9 alle 14 in piazza della Repubblica; dalle 10 davanti al Miur; e dalle 12 davanti al Parlamento. In strada anche i cortei di studenti: a Porta San Paolo la mattina, e a piazza Sant’Apostoli il pomeriggio. Una protesta che, come anticipa l’Anief, “è contro le forti incongruenze e ingiustizie contenute nella legge di riforma 107/2015. Quella che doveva essere la riforma della ’Buona Scuola’ si è trasformata in una sequela di commi che burocratizzano il sistema d’istruzione nazionale, trasformano sempre più i docenti in impiegati, concentrano poteri e responsabilità ai presidi, consegnano deleghe in bianco al governo su temi delicatissimi come la revisione dei nidi e della scuola dell’infanzia o del sostegno, precarizzano il personale e negano l’immissione in ruolo ad oltre 100mila docenti abilitati, quasi 30mila Ata, migliaia di educatori e Dsga”. Ovviamente, nel mirino del sindacato, anche la neo, controversa, legge di stabilità: “I 300 milioni inseriti nella legge di stabilità, pari a meno di 8 euro lordi a dipendenti – denuncia l’Anief – rappresentano un oltraggio alla dignità del personale. In estate la Consulta ha emesso una sentenza chiara che sconfessa il blocco della rivalutazione salariale imposto dal 2009. Il governo non può sedersi al tavolo del rinnovo contrattuale senza proporre almeno 110 euro di aumenti e 5mila euro di arretrati per l’illegittimo stop all’indennità di vacanza contrattuale. Come è avvenuto nel privato. La protesta non si ferma qui – anticipa Marcello Pacifico, presidente del sindacato –  sabato 12 dicembre abbiamo già fissato una manifestazione Cisal che stavolta accumunerà dipendenti pubblici e privati”. Il sindacato si oppone con fermezza alla chiamata diretta del nuovo personale assunto, compresi gli oltre 100mila docenti e Ata che ogni anno chiedono trasferimento, anche loro collocati negli albi territoriali che gestiranno direttamente i presidi. No anche al premio di merito previsto dalla riforma: “Riguarderà pochissimi lavoratori, verrà gestito dal nuovo comitato di valutazione -prosegue Pacifico- sul quale il dirigente scolastico avrà comunque l’ultima parola decidendo anche l’entità dei compensi da assegnare”. Non ultime, tra le motivazioni che animano la protesta, la ‘snobbata’ stabilizzazione di oltre 100mila docenti precari (magistrali, con Tfa, Pas, Scienze della formazione primaria, estero e altri ancora), “tutti abilitati ma lasciati illegittimamente fuori dalle Gae, e decine di migliaia di amministrativi, tecnici e ausiliari, ai quali viene negato pure il turn over con oltre 6mila posti tenuti ’in caldo’ per i lavoratori in uscita dalle province”. Motivi per i quali l’Anief intende chiedere al Governo “risorse vere, non elemosine, per il rinnovo contrattuale perché il personale della scuola proviene da un quinquennio contraddistinto da stipendi bloccati e scatti di anzianità prima cancellati e poi recuperati, nemmeno tutti, solo con le risorse dello stesso comparto. Nello stesso periodo, non è stata corrisposta nemmeno l’indennità di vacanza contrattuale, che ha fatto perdere ad ogni dipendente una media di 5mila euro. Ora – conclude Pacifico – non solo il governo non vuole assegnare il maltolto, ma se la vuole cavare con un aumento inferiore a 10 euro lordi al mese”.

M.T.