Il ritrovamento di alcune graffette per cucitrice all’interno di un panino distribuito alla mensa dei bambini di una scuola elementare di San Giorgio a Cremano (Na), pur evidenziando che tale presenza non è attruibile alla fase della cottura (in quanto lucide e pulite), è la miglior introduzione a quanto ci apprestiamo a raccontare. Spesso, specialmente in televisione, si assiste a dibattiti sulla qualità ed il costo delle mense scolastiche: ma quante sono realmente nel nostro paese? Ebbene, ci ha pensato Save The Children a censirle attraverso il rapporto (non) Tutti a mensa!. Se ne evince che gli scolari del 40% degli istituti principali del Paese mangiano al sacco o a casa. Tanto per cambiare, attraversando lo Stivale dal sud al nord, la situazione va peggiorando: Puglia (53%), Campania (51%), Sicilia (49%) mentre, salendo: Veneto (32%), Liguria (29%), Lombardia (27%), e Piemonte (27%). Poi, come se non bastasse, a complicare ulteriormente le cose, oltre la metà (25) tra i comuni monitorati, l’opportunità di poter aspirare a riduzioni e a rette agevolate, è riservato soltanto ai residenti. Addirittura, in sei comuni lesenzione non è proprio contemplata (nemmeno per chi versa in stato di acclarata indigenza) mentre, pessimo esempio di crudeltà indiretta, 8 comuni negano ai bimbi laccesso alla mensa in virtù dellinsolvenza delle loro famiglie. Save the Children spiega inoltre che, pur avendo bene a conoscenza le Linee Guida del ministero della Salute, relativi ai menù della Larn (Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di Nutrienti), unitamente alleventualità di monitoraggi esterni, in pochissimi istituti è stata costituita la cosiddetta Commissione Mensa (formata anche da genitori per testarne qualità ed efficienza). La mensa scolastica è un fondamentale momento educativo, di convivialità e socialità per i bambini e concorre a garantire un adeguato tempo scuola, contribuendo a prevenire il rischio di dispersione scolastica spiega il Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children, Raffaela Milano – Inoltre, una mensa di qualità, assicurando un pranzo equilibrato e completo tutti i giorni, è oggi un importante strumento di contrasto alla povertà minorile che, ricordiamolo, è anche povertà alimentare”. Come se non bastasse, si legge nellinteressante rapporto di (non) Tutti a mensa!, nei 45 capoluoghi monitorati, la retta delle mense variano notevolmente: se a Salerno il costo giornaliero è di 0,35 per ciascun bimbo, e a Bergamo 5,5, per esempio a Catania si paga 2,3 euro mentre, a Ferrara, addirittura 7,7 euro. Ci sono poi comuni (a differenza di altri molto più clementi ed umani), come Bolzano, Catania, Padova, Rimini, Salerno e Trento dove, anche a fronte allesiguo Isee di una famiglia povera, di esenzione manco a parlarne. Il paradosso è che una famiglia in condizione di povertà a Bergamo si trova a pagare di più di una famiglia con un reddito medio-alto a Trento – denuncia ancora Antonella Inverno – Considerando che tutti i minori sono titolari degli stessi diritti, il criterio della residenza può avere effetti discriminatori nei confronti dei bambini che non risiedono in quel territorio, che poi, spesso, appartengono a nuclei familiari più svantaggiati e in difficoltà. Ad ogni modo, senza addentrarci in ulteriori paragrafi di cifre a dati, ben formulati da Save The Children, la sostanza è che poche sono le mense, non tutte adeguatamente strutturate e che, purtroppo, spesso sono i bambini a dover sostenere il peso della povertà familiare, subendo (proprio a scuola!), unumiliante discriminazione proprio da parte di chi, per statuto, dovrebbe insegnare loro valori come il rispetto, la carità, luguaglianza, e fornire loro unadeguata formazione per guardare al futuro con speranza complimentoni!
Tamax