Giustamente, con la meritata enfasi che tali gesti comportano, i media di tuto immondo hanno sottolineato il grande senso di sportività dimostrato da calciatori e tifosi che, trasversalmente, si sono stretti intorno allo sfortunato Christian Eriksen, sostengono con anima e cuore.
Eppure, ironia della sorte, chi invece non ha dato per nulla un esempio di ‘sportività’ (ed anche di umanità), paradossalmente è stata proprio la Uefa.
Pensate, dopo gli istanti infiniti seguiti al malore del calciatore danese, con i suoi compagno in campo ancora tremanti per lo spavento, ed il pubblico atterrito, la Uefa si sarebbe rivolta alla Danimarca affermando: “O giocate, o perdete 3-0 a tavolino“.
Una sorta di ‘ricatto’ a dir poco vergognoso, d’accordo gli interesso, gli sponsor e quant’altro… ma così è veramente troppo.
Così, dopo essersi minimamente ripresi (anche se ritrovare la giusta concentrazione era impossibile), i calciatori danesi sono dovuti tornare nuovamente in campo contro la Finlandia, perdendo poi 1-0.
Questo tanto per chiarire perché oltretutto, inizialmente è stata fatta girare la ‘voce’ secondo cui sarebbero stati gli stessi calciatori della Danimarca ad acconsentire alla ripresa del match.
E’ stato l’ex mito locale Peter Schmeichel (e genitore del portiere Kasper Schmeichel), a raccontare come invece sono andate realmente le cose: “Ho visto dichiarazioni ufficiali della Uefa, che avrebbe seguito le indicazioni dei giocatori. I calciatori avrebbero insistito per giocare. So che questa non è la verità”. Invece, ha rivelato l’ex asso danese ai media, “Ai giocatori sono stati proposte 3 alternative: giocare immediatamente e portare a termine il match, giocare il giorno successivo alle 12 per disputare i rimanenti 50 minuti, perdere la partita a tavolino 3-0. Potete farvi un’idea da soli. I giocatori avevano scelta? Io credo di no. E se riascoltate la conferenza del ct, si è pentito di aver rimandato la squadra in campo”.
Max