Notizia non da poco quella lanciata oggi dall’agenzia di stampa AdnKronos, secondo cui i responsabili dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato Vaticana, Monsignor Alberto Perlasca e Fabrizio Tirabassi, sarebbero stati indagati per ‘peculato’, in concorso con Gianluigi Torzi e Raffale Mincione (finanziere italo-londinese), inserito ad un investimento di 454 milioni di euro che, stando agli investigatori vaticani, deriverebbero dalle donazioni dell’Obolo di San Pietro, nella disponibilità diretta della Segreteria di Stato, che le gestisce con vincolo di scopo per il sostegno delle attività con fini religiosi e caritatevoli.
Nello specifico, scrive l’AdnKronos, “ai 4 viene contestato dalla procura di Oltretevere di avere consentito a Mincione di ‘appropriarsi convertendola a proprio profitto’ di parte della liquidità versata nel fondo Athena Capital Global Opportunities Fund (da lui gestito attraverso Athena Capital Fund Sicav) per un totale, sempre a detta degli investigatori, di oltre 200 milioni”. Dunque, dagli accertamenti eseguiti della procura vaticana, alla data del settembre 2018, rispetto all’investimento iniziale, le quote lamentavano perdite per oltre 18 milioni di euro anche se, spiega ancora l’Adnkronos, “porterebbero a quantificare la cifra in un importo ben più consistente, che si configurerebbe come una enorme voragine nei conti dello Stato Vaticano “compiuta da funzionari della Segreteria di Stato” con la complicità di imprecisati “soggetti esterni”.
aggiornamento ore 17
Mincione: nessuna comunicazione giudiziaria
Tuttavia, nel primo pomeriggio fonti legale avrebbero smentito la notizia, asserendo che Raffale Mincione non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria dalle autorità vaticane, in merito alle indagini della Santa Sede rivolte anche all’acquisto del palazzo di Sloane Avenue di Chelsea (Londra).