Premettiamo subito: non parliamo di soggetti tranquilli e defilati che conducevano una vita apparentemente normale, con tutto quello che comporta il loro status di extracomunitari. Tuttaltro: i tre marocchini tra i 27 e i 44 anni (2 arrestati e uno denunciato), avevano alle spalle già diversi precedenti per spaccio di sostanze stupefacenti, lesioni personali e in materia di falso, maturati, in questi anni di residenza nel savonese. E nella notte sono stati prelevati dalla Polizia nellambito di unindagine (diretta dalla Procura distrettuale Antiterrorismo di Genova) finalizzata ad accertare attività con finalità di terrorismo. Tutto è nato dalla denuncia di una ragazza, raggiunta da un messaggio ricevuto via Whatsapp da un contatto non presente nella sua rubrica e proveniente da un numero del Marocco. Oltre a stupire la ragazza il numero telefonico sconosciuto, è stata soprattutto limmagine del profilo: una giovane ragazza con un mitra in mano e in posizione di tiro. Così litaliana ha deciso di rivolgersi immediatamente al Commissariato di P.S. online della Polizia Postale e delle Comunicazioni. Il team di investigatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Imperia, confrontandosi con la ragazza sono riusciti a ricostruire che, pochi mesi prima, circa tre mesi prima, nei pressi di una struttura data in cessione a profughi provenienti dallAfrica, la giovane avesse prestato il proprio cellulare a uno dei marocchini ivi residente, che a suo dire aveva la necessità di contattare dei conoscenti nel Paese dorigine. A quel punto la Polpost ligure, di concerto con il nucleo del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, hanno approfondito le indagini sullutenza telefonica sospetta, dalla quale sono riusciti a ricostruire elementi da avvalorare il sospetto del possibile attivismo dei tre indagati nel campo del proselitismo allautoproclamato Stato Islamico. In particolare, gli investigatori, hanno continuamente monitorato i tre sospetti attraverso intercettazioni telefoniche internazionali e telematiche, con particolare attenzione alle navigazioni in Rete, ed agli accessi sui social network. Si è così scoperto che gli indagati si servivano di falsi profili Facebook, creati utilizzando numeri di cellulari intestati ad altre persone. Nel corso delle perquisizioni nelle abitazioni dei tre marocchini, sono stati sequestrati diversi telefoni cellulari (dove da una prima analisi sono emersi ulteriori profili e siti in lingua araba utilizzati dagli indagati) e, tanto per cambiare il loro sostentamento – cocaina, bilancini e circa 5 mila euro in contanti. Gli investigatori si stanno ora concentrando su una decina di documenti di identità italiani, non rubati, sui quali sono in corso approfondimenti per verificare se siano legati ad una possibile attività di spaccio da parte degli arrestati, ad esempio lasciati a garanzia del debito, o se invece il loro possesso sia finalizzato a ben altri impieghi. Insomma un quadro inquietante, che apre nuovi scenari circa la connivenza fra criminalità e proselitismo. Prende sempre più piede infatti lipotesi che lo spaccio della droga sia la fonte primaria di finanziamento.
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