(Adnkronos) – C’è un ‘buco nero’ nel complesso dispositivo delle sanzioni internazionali alla Russia. Sono le riserve della Banca centrale russa, risorse che Mosca può utilizzare anche come ‘collaterale’ per ottenere finanziamenti dai Paesi amici. A quanto ammontano? E perché la Ue si sta preoccupando solo ora, a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, di andare più a fondo? Gli interrogativi sono riportati nella newslwtter settimanale del Financial Times sull’economia globale, firmata da Martin Sandbu.
Vale la pena approfondire queste domande per cercare di trovare risposte che non siano solo formali. Perché il dato di fatto è che, a oggi, l’Ue non sa a quanto ammontino, dove siano e che forma abbiano gli asset che detiene la Banca centrale. Come facciamo a saperlo? Sotto la guida della Svezia, la Ue ha appena istituito un gruppo di lavoro per stabilire cosa può essere fatto, in termini di sanzioni, con le riserve. Sandbu scrive che il capo Anders Ahnlid gli ha detto che “mappare le informazioni è un obiettivo importante”. Ma questo, evidentemente, vuol dire che questo obiettivo, dopo un anno di sanzioni, non è stato ancora raggiunto.
C’è un altro elemento da considerare. La Bank of Russia non figura nella lista dei soggetti sanzionati dalla Ue e quindi non ricade sotto la regolamentazione degli asset congelati. Si arriva però a un’altra domanda chiave: tutto questo è un problema? E’ così importante avere dettagli sulle riserve se la Russia comunque non può toccarle?
La risposta è sì, per diverse ragioni. La prima è che se non sappiamo a quali riserve è stato impedito l’accesso, è difficile stabilire se il blocco sia stato aggirato. Non solo. Anche se la Russia non ha accesso diretto alle riserve, può usarle come collaterale per ottenere liquidità dalle banche centrali amiche che operano in Paesi non sanzionati. Non ci sono prove che questo sia successo ma è possibile che accada. La conclusione a cui arriva Sandbu è significativa. Ad oggi, si può dire che la disattenzione della coalizione occidentale nel mappare la consistenza delle riserve nell’ultimo anno “sia stato perlomeno un atteggiamento accomodante”. E che la mancanza di interesse nel divulgare pubblicamente queste informazioni sia “anche peggio”.
Quando si parla del peso e dell’efficacia delle sanzioni occidentali alla Russia è bene anche chiedersi se siano applicate in maniera corretta o se, come nel caso delle riserve della Banca centrale russa, non ci siano carenze, omissioni o distorsioni che le possano rendere inutili. (Di Fabio Insenga)