Ad 8 mesi di distanza dalla precedente rilevazione, Cittadinanzattiva Lazio ha diffuso oggi i dati del nuovo monitoraggio sui temi di attesa nel Lazio per le prestazioni in ambito sanitario, a cui hanno partecipato 792 cittadini, di cui il 67% donne
L’82,2% risiede nella Provincia di Roma; 7,1% risiede nelle Province di Latina e Frosinone, il 3% dalla Provincia di Viterbo, lo 0,6% dalla provincia di Rieti.
La ASL RM1 totalizza un 21,2% di risposte (era al 27% a febbraio); ASL RM3 15,2% (era al 16,2%); ASL RM 4 13,1% (era al 15,2%); ASL RM2 17,2% (era al 13,5%). Via via tutte le altre ASL territoriali.
36,4% hanno segnalato la difficoltà a prenotare prestazioni sanitarie (era 36,5% a febbraio); Il 17,2% (17,6% a febbraio) ha segnalato Mancato rispetto dei codici di priorità previste (i famosi codici U,B,D,P); 15,2 % (17,6% a febbraio) tempi lunghi di attesa al CUP per parlare con operatori, un sensibile miglioramento del servizio.
Il 11,1% (10,8% a febbraio) delle segnalazioni riguardano la voce del Medico che non prenota/prescrive successivi controlli.
Con il 40,8% (era 42,5% a febbraio) gli Esami diagnostici è la voce maggiormente problematica, seguita con il 24,5% (era 28,8% a febbraio) dalle Prime visite specialistiche, l’8,2% dagli Interventi chirurgici (dato uguale a febbraio), 10,2% (5,5% a febbraio) Visite controllo/Follow up, 3,3% (era 4,1% a febbraio) Screening Oncologici.
Le 4 tipologie di tempi previsti nelle prescrizioni (U urgente entro 3 giorni, B Breve entro 10 giorni, D Differibile entro 30 giorni, P Programmata entro 120 giorni) vengono sistematicamente non rispettati, con un rapporto che va da 1 rispettata ogni 2 non rispettata Urgente (come a febbraio); 1 a 3 per Breve (come a febbraio); 1 a 6 Differita (era 1 a 5 a febbraio); 1 a 2 Programmata (come a febbraio).
Ecco dove vengono erogate le prestazioni richieste.
Il 33,7% (era 35,7% a febbraio) è dovuto andare in una ASL differente dalla propria; il 29,3% (era 28,6% a febbraio) è andato in un Distretto della propria ASL ma non nel proprio di residenza; il 22,8% (era 21,4% a febbraio) ha trovato la prestazione nel proprio Distretto di residenza.
Il dato molto preoccupante riguarda il 22,6% delle persone che ha dichiarato di non aver fatto la prestazione, con un aumento rispetto a febbraio del 2,6%. Per il 36,5% (era il 50%) a causa della distanza troppo importante dal luogo di residenza; per il 25% (era il 18,4%) la Disponibilità economica; per il 21,2 % (era il 15,8%) la Disponibilità di tempo.
Il 40,9% (era 41,4%) ha fatto la prestazione nel Pubblico.
Il 20,4% (era 20%) l’ha fatta in Intramoenia. Di questi l’83,8% (era il 79,3%) ha fatto la prestazione in Intramoenia perché non aveva garanzia che nel pubblico avrebbe fatto in tempo; il 10,8% (era il 13,8%) è stato inviato dal CUP per tempi lunghi nel Pubblico.
Inoltre, il 6,5% (era 8,6%) ha fatto la prestazione in Extramoenia; il 4,3% (era il 5,7%) ha fatto la prestazione Fuori Regione.
Una ulteriore parte delle segnalazioni è giunta tramite i social media, e sebbene non siano parte delle analisi dei dati, forniscono un interessante “termometro” delle persone.
Sulle liste di attesa ci sono almeno tre categorie di “sentimenti”.
Diversi hanno sottolineato più che la propria esperienza concreta sul tema lista di attesa, la assoluta mancanza di fiducia verso la politica e la gestione della salute nella nostra regione.
Molti hanno sottolineato nei commenti il fatto che nella normale, si fa per dire, lista di attesa, i tempi sono mediamente sempre fuori controllo, oltre un anno (con casi di prenotazione già per il 2025) anche per patologie importanti, mentre con l’intramoenia pagando, tra 120 e 400 euro, la prestazione viene fatta in pochi giorni.
Anche qui probabilmente dovrebbe essere posta attenzione ad un uso corretto dell’intramoenia e ad una informazione chiara circa le modalità e le procedure che la regolano da un lato; mentre dall’altro, e qui il vulnus vero, organizzare in modo adeguato gli accessi alle prestazioni sanitarie.
Alcuni cittadini, facendo il percorso in intramoenia, ci hanno commentato con sgomento e con un pizzico di rabbia (e ci ricolleghiamo al tema “fiducia”) che, quando hanno fatto le prestazioni nel canale intramoenia nei locali delle ASL gli stessi erano per lo più vuoti.
I commenti che hanno descritto il proprio vissuto sono stati oltre duecento. Si va da poche righe al racconto sintetico della propria esperienza. Si passa da insulti verso medici e operatori e al sistema di prenotazione, alla sintetica data di prenotazione: 15/3/2025.
Diversi lamentano il fatto che il posto fruibile per primo, sempre a distanza minima di sette mesi, è fuori dalla propria ASL. Persone residenti a Roma che hanno trovato il posto a Latina; da Tivoli al San Filippo Neri; fuori Regione in Abruzzo.
“Le liste di attesa sono un problema fondamentalmente di organizzazione del servizio dove tutti i diversi attori, dal medico di base allo specialista, dal RECUP alle Direzioni Aziendali, devono organizzare la filiera di accesso in modo lineare” osserva Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio.
“Come Cittadinanzattiva Lazio abbiamo il compito di continuare a monitorare, verificare e migliorare i servizi”, aggiunge Rosati. “Crediamo che questo sia possibile solo con la collaborazione, con il confronto e, anche, con un sano, critico e costruttivo conflitto.
Concludiamo con un commento che è più efficace di ogni altra parola riportata da un cittadino sul tema liste di attesa in questa survey: “sto pensando seriamente di abbandonare le cure. Perché non ho disponibilità economica per andare nel privato e perché le prenotazioni delle mie visite sono troppo in là.”
“Ecco”, conclude Rosati, “se questo è il “sentimento” abbiamo il dovere di ridurre i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie. Non è solo una questione di efficienza del servizio, è una questione di dignità delle persone”
Max