(Adnkronos) – “Le cronicità sono una vera emergenza: 24 milioni di persone in Italia ne sono affette e oltre la metà ne ha più di una; quasi 9 milioni presentano forme gravi; costano alla sanità oltre 65 miliardi e sono in aumento, tanto che tra cinque anni ce ne saranno almeno un milione più di oggi. E sono presenti in tutte le fasi della vita: 8 milioni sono i cronici under-18. Tuttavia, il Piano nazionale della cronicità (Pnc) è al palo, nonostante le malattie croniche siano anche un obiettivo della Missione 6 del Pnrr. È stato aggiornato il Piano nazionale oncologico 2023-2027 (Pon) e quello sulle malattie rare 2023-2025 (Pmmr), ma quello della cronicità che dovrebbe attualizzare le risposte per quasi metà della popolazione italiana ancora è in stand by”. Così Tonino Aceti, presidente di Salutequità in una nota.
La verifica dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) per la quale da poco il ministero della Salute ha comunicato i dati raccolti col Nuovo sistema di garanzia (Nsg) – dettaglia la nota – mostra un quadro a tinte fosche: secondo l’analisi dell’Osservatorio Salutequità il combinato disposto dell’indicatore sugli stili di vita con sei Regioni inadempienti e di un territorio in affanno, con quattro Regioni ben al di sotto della sufficienza, e praticamente metà delle Regioni (9) con peggioramenti nei punteggi relativi all’assistenza distrettuale rispetto al 2019, mostrano che la sfida improcrastinabile sono proprio le cronicità. L’assistenza – prosegue la nota – peggiora in Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Puglia di oltre 10 punti tra il 2019 e il 2021; al Sud il peggioramento è generalizzato, spaccando l’Italia in due con l’unica eccezione della Basilicata che incrementa di quasi 14 punti il suo punteggio. Bene anche PA di Bolzano (+17,16) e Toscana (+6,52).
Secondo il report dell’Osservatorio Salutequità, l’accesso sul territorio è più complicato, aumenta il ricorso al Pronto soccorso, mancano i dati relativi all’aderenza ai Pdta. I tassi di accesso al Pronto soccorso sono tornati ai livelli pre-pandemici, sintomo di inappropriatezza nel loro utilizzo. Tra i dati pubblicati dal ministero della Salute del Nsg relativi al 2021, poi, sono stati esclusi quelli di monitoraggio dei Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, la cui ultima analisi risale al 2020. Eppure, si tratta di un indicatore centrale non solo di processo (sebbene ancora in gran parte il territorio è misurato deducendo la qualità dell’assistenza in base a cosa accade in ospedale), ma anche per verificare l’impatto della pandemia sulle persone con patologie croniche e sulla “resilienza” del Ssn verso questi assistiti e dell’impatto della difficoltà a riportare la produttività – in termini di prestazioni – a livelli pre-Covid.
Il Piano oncologico e il Piano malattie rare – prosegue la nota – hanno una temporalità definita, una data di inizio e fine, con indicazione precisa di quando aggiornarli, prevedendo scadenze per fare il “tagliando”, limitando anche situazioni di blackout in caso, ad esempio, di ritardi nel rinnovo della cabina di regia nelle cui mani è l’aggiornamento e la verifica del Piano nazionale delle cronicità. Inoltre, entrambi possono contare su chiare risorse finalizzate (10 milioni annui per l’implementazione del Pon, 25 milioni annui per Pnmr), cosa che invece è mancata finora al Pnc. “Se si vogliono dar gambe al Piano nazionale cronicità la strada è quella di finanziarlo – sottolinea Aceti – analogamente agli altri Piani, per assicurare la sua implementazione da un lato e dall’altro prevedere una misurazione/valutazione stringente per monitorarne l’andamento e usare questa leva per farlo applicare”. Ma per il presidente di Salutequità sono necessari anche “trasparenza e priorità nella selezione delle patologie
I criteri esplicitati dal ministero per le patologie da integrare nell’elenco della parte seconda del Piano – conclude la nota – sono la mancata esistenza di atti programmatori specifici a livello nazionale, la rilevanza epidemiologica, il peso economico/assistenziale, le difficoltà di diagnosi e accesso, etc. E’ importante che questi criteri siano applicati in modo trasparente, per spostare in avanti l’asticella dei diritti, usare meglio le risorse e garantire equità. E’ una buona occasione per dare segnali importanti rispetto, ad esempio, a patologie fortemente legate al genere; contribuire a eliminare stigma o pregiudizi su patologie invalidanti, anche da un punto di vista sociale, spogliandole dal significato estetico e guardando all’impatto funzionale come nel caso della psoriasi e avviare un ragionamento sull’opportunità di includere quelle patologie onco-ematologiche che per loro natura sono definite croniche”.
Un punto di partenza utile per “individuare le patologie su cui concentrare l’attenzione sono le raccomandazioni dell’Intergruppo parlamentare sulla cronicità. Tra le patologie da integrare nel Piano sono citate a titolo esemplificativo, sclerosi multipla, psoriasi, cefalea cronica, poliposi nasale, asma anche nell’adulto, apnee ostruttive del sonno” ricorda Aceti. L’Osservatorio di Salutequità è realizzato con il contributo non condizionato di UCB Pharma, Bristol Myers Squibb e Sanofi.