(Adnkronos) – “Gli autoanticorpi anti-interferone di tipo 1 sono alla base delle forme più gravi di encefalite da virus West Nile (Wnv), virus della febbre del Nilo occidentale”. Lo spiega un gruppo di ricercatori coordinati da Alessandro Borghesi, neonatologo del Policlinico San Matteo di Pavia, promotore e principal investigator di un lavoro pubblicato sul ‘Journal of Experimental Medicine’. I risultati della ricerca vengono diffusi dall’Irccs lombardo nel giorno in cui l’Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, lancia l’allarme sull’aumento della circolazione di zanzare Aedes in Unione europea/Spazio economico europeo – causa cambiamenti climatici – prospettando il rischio di una crescita di casi e morti. Un quadro in cui l’Italia spicca per un numero record di infezioni West Nile segnalato nel 2022: su 1.133 casi umani e 92 decessi registrati in Ue/See, di cui 1.112 acquisiti localmente in 11 Paesi, sono stati 723 i casi autoctoni riportati dalla Penisola.
La scoperta, tutta italiana ed effettuata presso i laboratori di ricerca del policlinico – sottolineano dall’Irccs pavese – è stata confermata con esperimenti eseguiti nell’ambito di una consolidata collaborazione tra San Matteo, Institut Imagine di Parigi e Rockefeller University di New York. Allo studio hanno collaborato diversi centri di virologia italiani (Bologna, Padova, Torino) ed esteri (Ungheria e Stati Uniti). I ricercatori hanno studiato pazienti con encefalite da virus West Nile arruolati nei 6 diversi centri, identificando nel sangue del 40% dei soggetti autoanticorpi anti-interferone 1. Si tratta di autoanticorpi fondamentali per le risposte immunitarie contro i virus, precisa una nota del San Matteo.
“I soggetti con autoanticorpi aberranti anti-interferone in eccesso sviluppano forme di malattia più severe – si legge – Un risultato già ottenuto in altri studi condotti dai ricercatori, che erano arrivati alle stesse conclusioni anche per altri virus, come il Sars-CoV-2” di Covid-19 “e l’influenza”.
Il Wnv è un virus trasmesso dalla puntura di zanzara, ricorda la nota. Nella maggior parte delle persone che la contraggono, l’infezione decorre in forma asintomatica o paucisintomatica; tuttavia una piccola percentuale, meno dell’1%, sviluppa una malattia molto grave. “Lo studio conferma dunque i risultati di precedenti lavori su questi autoanticorpi che, neutralizzando gli interferoni di tipo 1, sono i principali fattori responsabili del decorso grave di varie malattie virali di rilevanza globale – commenta Borghesi – In generale, i risultati dello studio ampliano lo spettro di suscettibilità a infezioni virali in soggetti portatori di tali autoanticorpi e dimostrano che il difetto delle risposte immunitarie mediate da interferone-alfa e interferone-omega rappresenta un meccanismo generale di suscettibilità a malattie infettive virali gravi. La ricerca non si ferma all’attuale pubblicazione: rimane da spiegare circa il 60% dei casi di encefalite da virus West Nile per i quali, ad oggi, non sono noti i meccanismi di suscettibilità. La nostra scoperta indica la strada da seguire per identificare altri meccanismi correlati alle risposte immunitarie mediate dagli interferoni di tipo 1, come ad esempio cause genetiche”.
“Questi risultati evidenziano l’importanza di studiare, sulla base degli stessi principi, altre malattie infettive virali trasmesse dalle zanzare, quali Dengue, febbre gialla e Chikungunya – afferma Francesca Rovida, virologa del San Matteo – Fortunatamente gli autoanticorpi anti-interferoni di tipo 1 non sono molto diffusi nella popolazione generale. La loro prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età, specialmente nei maschi oltre i 70 anni. I risultati dello studio hanno implicazioni mediche importanti. Ad esempio, in zone dove West Nile è endemico è possibile prevedere uno screening per individuare i soggetti a rischio per i quali si possono mettere in atto misure terapeutiche o azioni preventive specifiche, come ad esempio le vaccinazioni”.
Il lavoro porta la firma di Fausto Baldanti, direttore Struttura complessa di Microbiologia e Virologia del Policlinico San Matteo di Pavia, e dei suoi collaboratori Francesca Rovida, Irene Cassaniti, Daniele Lilleri, Chiara Fornara, Josè Camilla Sammartino, Antonio Piralla, Elena Percivalle; di Stefano Ghirardello, direttore Sc Neonatologia e Terapia intensiva neonatale; di Maria Antonietta Avanzini, biologa della Sc Oncoematologia pediatrica, e di Borghesi principal investigator.