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Sanità – Il Nursing Up: “Affidare la ricostruzione della sanità territoriale ai medici di famiglia ed ai farmacisti?”

Sorprendono ma soprattutto preoccupano le dichiarazioni di Marcello Gemmato, Responsabile Sanità di Fratelli d’Italia, oggi il primo partito in cui gli italiani, numeri alla mano, hanno riposto la loro fiducia, per sperare in una stabilità e in un pragmatismo di cui, più che mai, il nostro SSN ha bisogno per ripartire da zero ed essere ricostruito dalle fondamenta

A garantirla, gioco forza, dovrà essere il nascente nuovo Governo, che sarà affidato naturalmente alla appena eletta coalizione di maggioranza, nelle cui capacità e nella cui lungimiranza, in attesa di conoscere i nomi del nuovo Ministro della Salute, gli stessi operatori confidano, immaginiamo siano in tanti, prima di tutto come cittadini, poi come professionisti impegnati sul campo per tutelare ogni giorno la salute della collettività.

Ebbene Gemmato, ci auguriamo vivamente di aver frainteso le sue dichiarazioni, ad una nota agenzia di stampa nazionale, avrebbe dato ad intendere che, secondo la visione del suo partito, lo ripetiamo oggi il primo partito italiano, in vista della realizzazione del nuovo Pnrr Missione 6, voluto fortemente dal Governo Draghi, nell’ambito del massiccio investimento di fondi europei che non può essere certo depauperato, gli infermieri di famiglia rappresentano una figura evidentemente secondaria, essendosi concentrato sulla centralità del ruolo di medici e farmacisti. Qualcuno avrebbe addirittura capito, ma noi non vogliamo nemmeno ammetterlo per ipotesi, che tali professionisti potrebbero in qualche modo garantire, parrebbe senza disturbare altri, una sanità ed un’assistenza accessibile a tutti. Cosa voleva dire Gemmato, questo ce lo chiediamo noi, che le peculiari e delicate funzioni assistenziali di infermieri ed ostetriche possono essere garantite dai medici o dai farmacisti?  

Riportiamo testualmente la posizione di Gemmato che ritiene che, “per potenziare il territorio e offrire una medicina di prossimità consona alle esigenze dei cittadini, incredibilmente, secondo Gemmato, non servirebbero le case di comunità, bensì bisognerebbe esclusivamente puntare sui medici di famiglia e sui farmacisti, dotati di strumenti diagnostici di base.

Con la dotazione di 7 miliardi di euro prevista dal Pnrr per la telemedicina – spiega il responsabile sanità di FdI – questi professionisti, se forniti di apparecchiature idonee, possono rendere gli studi medici e le farmacie degli hub in cui fare analisi di prima istanza, ecografie, elettrocardiogrammi. Si potrebbe contare in questo modo su una sanità diffusa che può sopperire anche alla chiusura di tanti ospedali e permettere un’assistenza accessibile a tutti. Sono sincero, prima di commentare queste dichiarazioni, ho voluto rileggere più e più volte questo passaggio dell’On. Gemmato.

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, che prosegue, Qualcosa non torna: dove sono gli infermieri di famiglia? Come possiamo solo immaginare di costruire da zero una solida sanità di prossimità senza il loro supporto? Chi può essere investito delle funzioni assistenziali proprie degli infermieri senza rischiare di essere portato in tribunale per esercizio abusivo?

Con tutto il rispetto dei medici di famiglia, già oberati di super lavoro, a cui gli infermieri di famiglia, alla luce delle loro differenti ma fondamentali competenze, possono offrire  collaborazione, ci chiediamo come sia possibile pensare che addirittura il perno della sanità territoriale possa esse rappresentato, accanto ai medici, dai farmacisti, senza alcuna menzione per gli Infermieri e  le Ostetriche, solo per restare nell’assistenza, o addirittura mandare nel dimenticatoio, a quanto pare, le Case di Comunità.

Ci viene in mente la questione della somministrazione delle vaccinazioni, che fu affidata ai farmacisti, con il supporto di meri corsi di pochi giorni, con pratica supervisionata, udite udite, dagli infermieri in qualità di docenti.

Dunque, commenta il sindacalista degli infermieri, “Ancora una volta la politica di casa nostra potrebbe avviarsi, ma ci auguriamo vivamente che non sia così, una strada decisamente contromano.

Con una carenza di 80mila infermieri e con ulteriore fabbisogno di 30mila, legato alle necessità di una sanità territoriale da ricostruire, non possiamo assolutamente pensare che la ripartenza possa esulare da una figura così importante come quella degli infermieri di famiglia/comunità, le cui competenze non solo sono straordinarie ma uniche nel loro genere e non equiparabili da nessun’altra figura professionale.

L’infermiere di famiglia è l’unica la figura che, se valorizzata a dovere, se messa nella condizione di esprimere al massimo le proprie potenzialità e competenze, potrà davvero rivoluzionare il fatiscente sistema sanitario.

Un professionista fondamentale, lo diciamo da anni, per il futuro della sanità territoriale.

L’infermiere di famiglia è, in breve, il professionista sanitario che fornisce ai cittadini gli strumenti assistenziali utili per sostenere il peso di una malattia o di una disabilità cronica direttamente sul territorio e nello specifico all’interno dell’ambiente familiare, ma non solo, esercitando nelle scuole, nelle aziende, all’interno di veri e propri studi professionali autonomi, oppure al fianco dei medici di famiglia.

Lo ripetiamo, alla luce del nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l’infermiere di famiglia è una occasione troppo importante, da non sprecare. Ora ci aspettiamo le idee, le iniziative, i fatti: e non la politica dei buoni propositi che rimane un’eterna incompiuta”.

Come spiega de Palma, “Il rilancio della sanità territoriale passa attraverso l’inserimento di nuove figure professionali, capaci di snellire i ricoveri, di supportare le realtà private, e naturalmente di fornire assistenza domiciliare ai soggetti fragili in modo capillare. Ma naturalmente occorre anche organizzare le strutture, rimpolpando di personale quelle già esistenti e pianificando la creazione di nuovi ospedali e case di comunità, e certo non sposando la politica distruttiva dei tagli o peggio ancora trasformando le realtà che già ci sono in cattedrali nel deserto, prive dei professionisti qualificati e delle energie indispensabili per stare ogni giorno vicino ai nostri pazienti.

Tutto questo possono farlo solo gli infermieri!

Non vorremmo davvero ritrovarci di fronte all’ennesimo progetto che rischia di rivelarsi come una pericolosa scatola vuota, o ancor peggio, fumo negli occhi”.

Max