Non solo telemedicina, ma anche i fascicoli sanitari elettronici, le app medicali, la gestione dei big data, fino ad arrivare alle cosiddette “terapie digitali”, l’ultima frontiera della medicina. Questi i temi al centro del webinar dal titolo: “Salute Digitale. L’innovazione nella cura delle malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche”, promosso da Ucb Italia, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Emanuela Omodeo Salè, responsabile scientifico di Sifo (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera), Andrea Conti, rappresentante del Direttivo di SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse), Francesco Cusano, presidente di Adoi (Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani), e Roberto Gerli, presidente di Sir (Società Italiana di Reumatologia) .
“La dermatologia – sostiene Francesco Cusano, presidente di Adoi – per la propria natura intrinseca offre uno spunto di grande interesse nell’ambito della telemedicina e dei sistemi informatizzati. Proprio l’apparente facilità di accesso a questo sistema è però un’arma a doppio taglio. Occorre sviluppare servizi che permettano di usare queste tecnologie nella gran parte delle situazioni dermatologiche, ma servono competenze del medico per riconoscere gli stadi particolari delle varie patologie. Va bene in pazienti già noti con patologia già sotto controllo e in condizioni specifiche, ben codificate. Ma dobbiamo sempre ricordarci che il rapporto medico-paziente è molto importante. Noi abbiamo di fronte una persona nella sua complessità, non delle immagini, non un quiz diagnostico. Questo strumento è utile ma non penso che si possa sostituire il rapporto medico-paziente in prima visita con la telemedicina”.
Diverso il ruolo della medicina digitale “nell’ambito delle malattie reumatologiche – afferma Roberto Gerli, presidente della Sir –. Perché il reumatologo è un internista e la cosa potrebbe essere più complicata. Le malattie immunitarie sistemiche hanno un interesse generalista e la necessità di una visita in presenza. Quindi la telemedicina può essere utile nel monitoraggio di questi pazienti. Dobbiamo differenziare il teleconsulto: noi abbiamo continuamente la necessità di avere rapporti con gli altri specialisti all’interno dell’ospedale e con la medicina di base. Purtroppo, siamo una nazione federata dal punto di vista sanitario. Io mi sono dovuto confrontare con diverse assessorati sanitari regionali e in questo modo mi sono accorto di realtà completamente diverse per la telemedicina”.
“Come Sir – rpsegue – siamo stati i primi a proporre una piattaforma di telemedicina nell’ambito delle malattie reumatologiche con tutti i centri italiani che ne vogliano fare uso. L’Emilia-Romagna, invece, si è dotata di una piattaforma regionale che non prevede delle indicazioni per le patologie specialistiche. Questo è uno dei tanti problemi da risolvere. Quando si parla di interoperabilità si parla di questo. È evidente che la piattaforma che come reumatologo creo è indirizzata verso le nostre patologie, i nostri interessi. Quella che può interessare al cardiologo e all’endocrinologo può essere differenziata. Questo va considerato insieme alle problematiche dell’alfabetizzazione di medico e paziente. Ci sono realtà ospedaliere che lavorano ancora con le cartelle cartacee”.
Per Andrea Conti, rappresentante del Direttivo di SIDeMaST “nella dermatologia le immagini digitalizzate possono essere valutate a distanza, anche per un confronto tra specialisti – spiega –. Durante la pandemia abbiamo avuto la necessità di monitorare i nostri pazienti in trattamento cronico per psoriasi e dermatite atopica o altre malattie rare topiche. Sono stati attivati, in particolare in Emilia-Romagna dove lavoro, delle piattaforme che permettono il video consulto o il teleconsulto per monitorare i pazienti cronici. Tuttora viene effettuato un referto che inviamo via mail al paziente e al medico curante, un modo questo che ci ha permesso di evitare gli accessi in ospedale nel picco della pandemia mantenendo costante la terapia e quindi l’aderenza alle cure”.
Con la pandemia, osserva ancora Conti, “la telemedicina ha garantito un contato con il paziente e il proseguo delle terapie. Come SIDeMast abbiamo visto che la percentuale di chi ha abbandonato le cure durante la fase iniziale dell’emergenza sanitaria è stata bassissima. Resto convinto però che la prima visita non può essere fatta con questo strumento”.
La pandemia è stata un banco di prova anche per i farmacisti ospedalieri. “Non si può sostituire il rapporto medico-paziente – chiarisce Emanuela Omodeo Salè, responsabile scientifico di SIFO – ma le tecnologie ci possono aiutare e il farmacista ospedaliero può fare da punto di congiunzione con il collega territoriale con cui il paziente si interfaccia. La pandemia per i farmacisti ospedalieri è stata importante. Abbiamo vissuto l’esperienza dell’home delivery realizzata grazie anche alla collaborazione con le aziende ma va detto che l’home delivery non è solo la consegna di una scatoletta di farmaci”. Per Omodeo Salè “nel percorso di cura dovrebbe essere riconosciuta anche la telefarmacia per i farmacisti. Non siamo magazzinieri di lusso, abbiamo un ruolo importante nella gestione del paziente”.
Per Gerli, nonostante le tante criticità, “stiamo andando verso un sistema di digitalizzazione e informatica che cambierà le nostre vite. È vero – ha concluso il presidente della Sir – siamo ancora in una fase primordiale ma sono convinto che nel giro di 3-5 anni cambierà la gestione della medicina come è accaduto negli anni ‘80. Indubbiamente la digitalizzazione è una trasformazione che procede con passi esponenziali e quindi dobbiamo aggiornarci continuamente non solo dal punto di vista farmacologico. La cosa importante è l’educazione digitale del cittadino e del medico stesso”.