Loccasione è stata data dal recente Festival dell’Economia, ospitato da Trento ni giorni scorsi. Qui nellambito dell’incontro ’Nuovi Lea, vecchi problemi’, nel corso della sua interessante introduzione Franca Braga, responsabile dell’organizzazione Altroconsumo, ha posto laccento sullenorme difficoltà economiche che sempre più famiglie oppongono rispetto alle spese sanitarie. Spesso infarti curarsi è un lusso (nel 2016, a seguito delle difficoltà economiche ben 11 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi), e questo rischio di far emergere enormi disparità sociali, rispetto alle quali Altroconsumo invoca un intervento rapido e diretto del governo. Citando infatti gli esiti di un preciso studio in merito, condotto da Gimbe, Transparency International Italia, ed il Censis, Braga ha ripetuto come, per il 2019, è stato calcolato che il rapporto tra la crescente – spesa sanitaria ed Pil, si attesterà al 6,4%. Un dato sconcertante in quanto, secondo lOrganizzazione Mondiale della Sanità, una percentuale attestata al di sotto del 6,5% è considerata una soglia d’allarme, che porterebbe dritto a una probabile riduzione dell’aspettativa di vita. “Sono questioni di forte disuguaglianza che vanno affrontate”, ribadisce Braga, Non ultimi poi, ad incidere su questa di per se già complicata equazione, il tasso medio di frode e corruzione nellambito della sanità, che in Italia raggiunge quasi il 6%. E in un tal contesto, spiegano ancora da Altroconsumo, dopo 10 anni di attesa e uno stanziamento di 800 milioni nel 2017 (più altri 60 mln per il pagamento dei ticket da parte dei cittadini, l’aggiornamento dei Lea, giunge con già la consapevolezza di non poter comunque riuscire a soddisfare l’elevato numero di prestazioni elencate sulla carta. Per fare un esempio, basti pensare che in molti casi non si è potuto garantire prestazioni riconosciute dai Lea, come lepidurale o le cure per quanti affetti da l’autismo, a causa delle chilometriche liste dattesa nella maggior parte dei casi completamente fuori budget. anche perché le risorse non ci sono, come è stato detto nell’incontro. Ci sono liste d’attesa di prestazioni che non hanno un corrispondente plafond di contributi pubblici. Particolarmente significativo lintervento di Maria Teresa Laurina, mediatrice culturale di Emergency, la quale ha tenuto a sottolineare come, dall’osservatorio di Emergency siano state documentate la enormi difficoltà economiche (ma anche linguistiche per gli immigrati), della popolazione per poter accedere alle strutture del servizio sanitario pubblico. “Dal 2006 – ha illustrato Laurina – i progetti di Emergency sono lievitati e riguardano il sostegno in alcuni campi di cura e di prestazioni dove sono forti le disuguaglianze. A partire dall’odontoiatria, inaccessibile a molti italiani, seguita dal pagamento dei ticket che i disoccupati non possono permettersi soprattutto per le visite specialistiche. Per i richiedenti asilo è prevista poi l’esenzione dai ticket solo nei primi 2 mesi di permanenza in Italia, perché dopo sarebbe previsto l’ingresso nel mondo del lavoro. Il nostro impegno ha quindi aggiunto – è quello di cercare una collaborazione costante con le aziende sanitarie e con i ministeri competenti”. “Anche se nell’ultima manovra sono 2 i miliardi che il Governo ha stanziato per il sistema sanitario – ha affermato – questi tuttavia coprono capitoli di spesa dove le Regioni non possono intervenire. In Italia siamo secondi per spesa che i cittadini affrontano di tasca propria. I nuovi Lea non sono sostenibili perché non c’è un metodo rigoroso di valutazione dei criteri di selezione della tipologia di prestazioni, a fronte poi di una sanità dove ogni cittadino spende di tasca propria 500 euro in media l’anno”. Ha sottolineato nel corso del suo intervento il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, annunciando per domani un dettagliato dossier che sarà annunciato in questi giorni, dove si spiega che dal 2001 al 2016, anziché essere rimpinguato il finanziamento pubblico nei confronti della sanità, ha addirittura subìto una forte riduzione. “A tale situazione si aggiunge anche la corruzione, che sottrae risorse al servizio pubblico”, afferma Paolo Bertaccini Bonoli, di Transparency International Italia il quale sottolinea le enormi difficoltà in cui versa il Ssn. Citando specifici studi a riguardo, Bertaccini replicando i dati del focus ’Curiamo la corruzione’, precisa che, nel 2016, nel nostro Paese almeno un quarto delle aziende sanitarie ha denunciato casi di corruzione: di esse, il 51,7% non ha mai pianificato adeguati piani anticorruzione e, corruzione e sprechi determinano così il 6% delle spese correnti annue del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
M.