Secondo un’indagine condotta da ‘Italia Longeva’, oggi un italiano over-60 su 5 è fragile e oltre 1 milione di anziani sono affetti da fragilità sever. I più colpiti gli anziani con basso reddito e chi vive al Sud, ma non mancano le eccezioni.
Ed in tutto ciò, evidenzia l’indagine, i servizi di assistenza domiciliare e RSA non proporzionati al numero di fragili in 3 Regioni su 4
Il Covid, con l’alto tributo di vite tra gli anziani, ha portato alla ribalta il concetto di fragilità, una condizione tipica dell’invecchiamento caratterizzata da un’aumentata vulnerabilità ad eventi acuti e che si associa ad una mortalità fino a 5 volte più elevata. Come spiega spiega infatti Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva, l’Associazione nazionale per l’invecchiamento e la longevità attiva del Ministero della Salute, “Ma la fragilità, oggi tanto decantata, non è mai stata misurata, né tanto meno utilizzata per programmare servizi territoriali di long-term care adeguati alla complessità degli anziani. La pandemia ha fatto capire che il problema è lì e che dobbiamo sfruttare l’opportunità del PNRR per ripensare un servizio sanitario orientato alla presa in carico delle persone fragili”,
A confermare questa urgenza sono i dati dell’Indagine di Italia Longeva “La mappa della fragilità in Italia: gradiente geografico e determinanti sociodemografici” che, per la prima volta, ha misurato e mappato la fragilità tra la popolazione ultrasessantenne in Italia: più di 1 over-60 su 5 – quasi 4 milioni di persone – presenta una fragilità di grado moderato o severo che necessita di un monitoraggio e un’assistenza continui per evitare che precipiti portando con sé disabilità gravi, ospedalizzazioni e decessi. Un rischio fortemente correlato alla multimorbidità, con 13 milioni di over-60 (3 anziani su 4) che, stando all’indagine, sono affetti da cinque o più malattie croniche.
Nello studio, la fragilità è stata valutata attraverso un indice di fragilità altamente predittivo (basato sulla prevalenza di 25 deficit tra malattie croniche, aspetti funzionali e nutrizionali, selezionati da un algoritmo informatico validato) e facilmente implementabile nel database in uso ai medici di medicina generale, applicato su un campione di 440mila over-60 rappresentativi della popolazione italiana, riferito all’anno 2019.
Il 6,5% della popolazione over-60 (circa 1.200.000 persone) è affetto da fragilità severa, percentuale che varia a seconda delle aree del Paese, con in testa le regioni del Sud e Isole (8,2%), rispetto a quelle del Centro (6,2%) e del Nord (5,3%). La maglia nera per maggior numero relativo di anziani affetti da fragilità grave spetta alla provincia di Rieti (14,4%), seguita da Salerno (12%) e Trapani (11,9). Campania e Sicilia presentano ben 7 province tra le prime 10 con le percentuali più elevate di soggetti con fragilità severa. Di contro, le città che mostrano una minore concentrazione di anziani con fragilità grave, con valori fino a dieci volte inferiori, sono Asti (1,9%), Macerata (2,1%) e Bolzano (2,4%).
A determinare il livello di fragilità della popolazione entrano in gioco anche variabili di tipo socio-demografico: la fragilità severa cresce all’aumentare dell’età, passando dallo 0,8% nella fascia 60-65 anni al 17,3% negli ultraottantenni, ed è maggiore nelle province con più bassi valori di reddito medio pro-capite (MEF, 2019). Non mancano, tuttavia, province con valori di reddito estremamente differenti ma con livelli di fragilità simile: è il caso di Foggia e Pavia che a fronte di un reddito medio pro-capite rispettivamente di 15mila e 22mila euro, registrano entrambe l’8% di over-60 con fragilità severa, ad indicare che le disuguaglianze socioeconomiche spiegano solamente parte del problema.
“Il lavoro nato dalla collaborazione tra geriatri e medici di medicina generale – aggiunge il professor Bernabei – ha concretizzato la fragilità in una misura fruibile e interpretabile, sia per i medici che per i decisori, per meglio declinare l’assistenza agli anziani. Riconoscere per tempo la fragilità, consente al medico di intervenire sul singolo paziente con una presa in carico personalizzata prima che la condizione precipiti ulteriormente. Ma non solo: sapere quali Regioni e Province d’Italia sono caratterizzate da una più alta prevalenza di fragilità e multimorbidità permette di destinare alla long-term care risorse, professionisti, strutture e servizi adeguati a rispondere puntualmente ai bisogni dei più vulnerabili”.
“L’ambulatorio del medico di medicina generale rappresenta per i cittadini la porta di ingresso al sistema sanitario nazionale. Il MMG è colui che conosce la storia clinica del paziente meglio di chiunque altro: informazioni sanitarie essenziali, aggiornate e di elevata qualità per una corretta stratificazione della popolazione come previsto dal DM 77 – spiega Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). “Negli ultimi, anni la SIMG ha investito le sue energie proprio in questa direzione, con la validazione dell’indice di fragilità utilizzato nello studio presentato oggi e che rappresenta uno strumento di pregio per la profilazione dei cittadini fragili”.
Partendo dal presupposto che la presenza di fragilità severa determina il bisogno di cure domiciliari o residenziali, l’indagine di Italia Longeva ha analizzato anche il rapporto tra il tasso di fragilità, l’offerta regionale di posti letto nelle residenze socio-assistenziali (RSA) e i servizi di assistenza domiciliare (ADI). Il quadro che emerge è ancora una volta eterogeneo lungo la penisola: solo 5 regioni su 20 – Piemonte, Liguria, Veneto, Marche e Friuli Venezia Giulia – offrono servizi di ADI o RSA proporzionati al numero di anziani con fragilità severa residenti nella stessa regione.
D’altra parte, i dati del Ministero della Salute sull’offerta di assistenza domiciliare (ADI) e residenziale (RSA), censiti da Italia Longeva all’interno dell’Indagine, mostrano una situazione pressoché invariata rispetto all’anno precedente, sia per numero di assistiti che per giornate di presa in carico. Nel 2021, solo il 2,3% dei quasi 14 milioni di over-65 residenti in Italia ha beneficiato di cure residenziali e poco più del 2,9% del totale (400.000 anziani) ha ricevuto assistenza domiciliare, in molti casi limitata a prestazioni episodiche, a basso livello di intensità assistenziale e con estrema variabilità regionale.
“Il PNRR è, per il Servizio sanitario nazionale, l’occasione per modernizzare la rete dell’assistenza territoriale ma è indispensabile una cabina di regia che ‘governi’ la fragilità. Non basta potenziare i servizi di ADI, è necessario collegarli con l’ospedale e con le nuove strutture previste dal PNRR, facendo sì che l’anziano venga preso in carico nel posto migliore a seconda del grado di complessità dei suoi bisogni”, conclude il presidente di Italia Longeva.
L’indagine, curata per Italia Longeva da Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo al Karolinska Institutet di Stoccolma, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), è stata presentata oggi al Ministero della Salute nel corso della settima edizione degli “Stati Generali dell’assistenza a lungo termine – Long-Term Care SEVEN”, l’appuntamento annuale di Italia Longeva che riunisce gli attori che, ai vari livelli, si occupano di programmare e gestire l’assistenza agli anziani. Al centro del confronto, le sfide in atto per la riorganizzazione, l’integrazione e la digitalizzazione della rete dei servizi territoriali, alla luce del PNRR e del DM 77. Tra i focus della due-giorni, il ruolo dei farmaci equivalenti nell’ambito della long-term care, approfondito nell’Indagine di Italia Longeva sul “Processo di prescrizione dei farmaci equivalenti in Italia”.
Max