Era già chiaro esattamente un anno fa: nella classifica degli effetti del post Covid, la voce dolore ricopriva già uno spazio importante. Circa la metà dei pazienti che ha avuto il Covid ha dovuto lottare contro i dolori muscolari, da cefalee acute (6-21%), toracico (2-21%), oculare (16%), mal di gola (5-17%) e addominale (12%).
Un anno dopo questa triste fotografia, in occasione del Congresso Nazionale di FederDolore-SICD (in corso a Bologna fino al 18 settembre), il Presidente Giuliano De Carolis si esprime in modo preoccupato per i mesi prossimi.
“Per fortuna, abbiamo superato la fase critica in cui erano molto numerosi i pazienti che dichiaravano dolore dopo il contagio dal virus. Siamo ora preoccupati per un’ondata di effetti post long Covid e di una ricaduta soprattutto in quei pazienti che non vengono trattati in modo efficace e tempestivo all’esordio dei primi sintomi. Ci dovremo attrezzare a dover gestire una nuova emergenza post-long Covid che ci vedrà impegnati sia con due tipologie di pazienti. Da un lato quelli che hanno dovuto fare i conti con un difficile accesso alle cure –- spiega DE CAROLIS, Presidente di FederDolore SICD – e dall’altro quelli che hanno sviluppato un dolore cronico come conseguenza dell’infezione. Sono quelli che hanno manifestato un dolore cronico anche a distanza di mesi dalla risoluzione dell’infezione che corrispondono circa al 4% dei pazienti Covid più gravi, cioè quelli ricoverati o addirittura intubati”
È lungo il percorso dei virus, che si è scoperto viaggiare tra cervello e polmone lungo il nervo vago. A dirlo è una ricerca basata su un’importante collaborazione interdisciplinare del Polo Universitario San Paolo e spiegherebbe perché sono compromessi i muscoli e i dolori che ne derivano.
“La presenza del virus SARS-CoV-2 è stata documentata non solo nelle aree cerebrali di controllo del respiro, ma è stato rilevato nello studio pubblicato su Journal of Neurology, il suo percorso tra polmone e cervello lungo il nervo vago che controlla diverse funzioni corporee – spiega Tommaso BOCCI, ricercatore dello studio nato dalla collaborazione tra neurologi, rianimatori e patologi del Centro di ricerca ‘Aldo Ravelli’ UniMi – Fin dai primi casi gravi di Covid abbiamo osservato delle alterazioni respiratorie che non erano giustificabili solo alla polmonite. Lo studio ha confermato la presenza del virus nel nervo vago, che utilizza la nuova strada di diffusione lungo le fibre nervose, per scatenare il dolore”
“Ci sono 3 vie che il virus può usare per provocare il dolore: quella diretta, quella mediata dall’infiammazione e come conseguenza del protrarsi della malattia. Quando continua lo stimolo infiammatorio – interviene Emanuele PIRACCINI, Terapia del Dolore, Ospedale Bellaria AUSL Bologna – ci sono alterazioni a livello nervoso con una cronicizzazione che colpisce circa il 30% dei pazienti. Si è visto anche che i pazienti già affetti da dolore cronico se colpiti dal Covid, hanno avuto una notevole riacutizzazione. Inoltre il dolore in corso di infezione da Covid-19, ha un effetto negativo su tutto il decorso della malattia: basti pensare che un paziente che ha dolore toracico e non riesce a tossire, può accumulare secrezioni a livello polmonare e aver può facilmente infezioni o polmoniti”
Max