Salario minimo, accordo Ue: cosa cambia

(Adnkronos) – L’Ue ha raggiunto un accordo sul salario minimo. Accordo che appare ancora un po’ annacquato ma è il primo passo di un percorso ancora lungo che dovrebbe portare al salario minimo anche in Italia. Il cosiddetto ‘Trilogo’, cioè l’organismo informale composto da Commissione europea, Consiglio Ue e Parlamento europeo, ha approvato la scorsa notte una direttiva che non obbliga gli Stati membri a cambiare i propri sistemi già esistenti ma che invita a promuovere salari “«adeguati ed equi” ai lavoratori si legge su laleggepertutti.it. 

Per noi si tratterebbe di una novità visto che, dei 27 Paesi dell’Unione, il salario minimo manca formalmente in sei Stati tra cui, appunto, l’Italia, dove esiste la contrattazione collettiva. Ma dove, secondo l’Inps, oltre 5 milioni di lavoratori dipendenti guadagnano meno di 1.000 euro al mese mentre 4,5 milioni vengono pagati meno di 9 euro lordi all’ora e oltre 2 milioni di lavoratori percepiscono 6 euro lordi all’ora. Ciò non vuol dire che negli altri 21 Paesi ci sia una situazione omogenea per quanto riguarda il salario minimo: in Bulgaria è fissato a 332 euro mentre in Lussemburgo è intorno ai 2.200 euro. 

La direttiva approvata la scorsa notte a Strasburgo – che dovrebbe tutelare, tra gli altri, i lavoratori delle piattaforme digitali e i cosiddetti rider – nasce dall’esigenza di rivedere quello che oggi viene considerato un salario minimo insufficiente e di “garantire una vita dignitosa ai lavoratori riducendo la povertà lavorativa”. Il provvedimento promuove la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e livelli adeguati di salari minimi legali, punta a migliorare l’accesso effettivo alla tutela garantita dal salario minimo per tutti i lavoratori e prevede la presentazione di relazioni sulla copertura e l’adeguatezza dei salari minimi da parte degli Stati membri. 

Inoltre – continua la direttiva Ue – occorre fissare un salario minimo legale e valutarne l’adeguatezza adottando dei criteri chiari e stabili e aggiornando periodicamente l’importo. 

Secondo ‘il Trilogo’ europeo, i singoli Paesi devono puntare sulla capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva. Chi oggi resta al di sotto dell’80% di copertura degli accordi tra imprese e sindacati dovrà elaborare un piano per promuovere la contrattazione, con misure che agevolino il coinvolgimento delle parti sociali. Dato che in Italia quella percentuale è già raggiunta, per il nostro Paese la direttiva non sarà vincolante da questo punto di vista. 

Come detto, il percorso per vedere tutto ciò tradotto in realtà è ancora lungo. Ora, il testo torna alla commissione Lavoro e Affari sociali del Parlamento europeo per poi essere di nuovo discusso in Aula. Dopodiché, la direttiva (che sarà vincolante) dovrà essere approvata in via definitiva dal Consiglio Ue e pubblicata in Gazzetta ufficiale per entrare in vigore. Ci vorrà, al massimo, una quindicina di giorni. Ma gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepirla.