Salari e potere d’acquisto, Draghi ora ha fretta di intervenire

(Adnkronos) – Non ci sono solo le fibrillazioni nella maggioranza, soprattutto in casa Cinquestelle, ci sono anche i tempi dell’economia, e di una situazione congiunturale che rischia di avvitarsi, a suggerire al governo e al premier Mario Draghi di
accelerare
sui
provvedimenti per sostenere i salari e proteggere il potere d’acquisto. Il premier lo dice più volte e con estrema chiarezza: “Le risposte si devono dare immediatamente”, non si può aspettare la legge di Bilancio perché sarebbe troppo tardi: “l’effetto della diminuzione del potere di acquisto non avrebbe mitigazione” e “ci sarebbe un effetto sui consumi, che sono la parte più importante della domanda”. 

Il quadro è cambiato, anche solo rispetto a dieci giorni fa. E se il comportamento parlamentare del Movimento guidato da Giuseppe Conte è un tema sensibile per la tenuta del governo, la necessità di utilizzare le leve della politica economica per reagire alle difficoltà che aumentano è l’unica risposta possibile. “L’inflazione erode il potere di acquisto della famiglie. Dobbiamo intervenire per sostenere l’occupazione e affrontare disuguaglianze che in periodi di alta inflazione si aggravano. Difendere pensione e salari. Di qui nasce l’idea di questo incontro stamattina con i sindacati”, spiega Draghi, indicando anche il percorso che intende seguire: “Servono interventi strutturali. Gli interventi ad hoc servono quando è un fenomeno episodico, ma quando comincia a durare servono interventi strutturali per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie. Sono interventi urgenti e strutturali. Molti saranno fatti in legge di bilancio ma altri saranno fatti prima”.  

Il premier, che da presidente della Bce ha sempre sostenuto la stessa linea, si sofferma anche sul rischio per definizione connesso alle misure che stimolano un aumento dei salari. “Quello che è importante è evitare che si inneschi una spirale di aumento prezzi-salari. A questo guarda la Bce e guardano tutte le Banche centrali. Ma nel nostro caso il costo del lavoro e’ molto basso, molto basso rispetto ad altri paesi europei”, evidenzia, assicurando che le misure a cui si sta pensando “sono tutte compatibili” con politiche anti-inflazionistiche. 

L’altro paletto è quello posto dal bilancio, perché non si vogliono fare interventi finanziati in deficit. Il sentiero è stretto. Sono necessarie “misure strutturali per incrementare il netto dei salari, occorre ridurre il carico fiscale a partire dai redditi più bassi, vogliamo intervenire in maniera decisa all’interno degli spazi della finanza pubblica”. E il tempo stringe, le misure servono subito e non a fine anno.  

Per questo Draghi è chirurgico quando parla del ruolo e del mandato del suo governo: “Con gli ultimatum non lavora, perde il suo senso di esistere. Se riesce a lavorare continua, se non riesce a lavorare non continua”. Il messaggio è chiaro, non c’è tempo per contrattare su misure di bandiera come se non ci fosse una guerra in corso, come se non ci fosse l’inflazione all’8% e come se il rischio di una nuova recessione non fosse una certezza in caso di stop alle forniture di gas russo. Serve il governo, serve la politica economica e serve una maggioranza in grado di sostenerla. 

(di Fabio Insenga)