“E’ stato un uomo solo, che non è mai sceso a compromessi. Conoscevo pochissimo della sua vita: ho iniziato a leggere la biografia di Julie Kanavagh e mi sono innamorato. Ho cominciato a viaggiare… Volevo conoscere le città, i luoghi abitati da Nureyev per essere il più fedele possibile alla sua vita. Per me era diventata quasi un’ossessione”.
Così, nelle vesti anche di regista, Ralph Fiennes ripercorrendo per il settimanale francese ‘Point de vue’ cosa lo ha spinto a cimentarsi con un mito assoluto della Danza anzi, il ballerino per eccellenza: Rudolf Nureyev. Un personaggio ‘complicato’, per il suo carattere estroverso, anticonformista, passato alla storia anche per la clamorosa ‘abiura’ nei confronti del suo paese d’origine, la Russia, che se ne da un lato ne ha saputo valorizzare al massimo le doti tersicoree, dall’altro ha invece letteralmente tarpato le ali all’uomo, vanamente perseguitato proprio perché poco incline ad ‘allinearsi’ ai dettami dell’allora feroce regime (siamo nel bel mezzo della cosiddetta ‘guerra fredda’).
Attraverso il didascalico e la tempo stesso poetico ‘Nureyev -The White Crow‘ (nei cinema da mercoledì), come spiegava il regista inglese, grazie al bellissimo libro scritto da Julie Kanavagh – ‘Nureyev- The Life’ (Nave di Teseo) – e alla rilettura di David Hare, il pubblico ha abbastanza elementi per poter capire cosa ha rappresentato lo straordinario ‘tartaro volante’ nella storia del costume.
Fiennes racconta di esser stato letteralmente rapito dalla favola di un bimbo nato all’interno di un vagone, sul treno che stava portando la madre a riabbracciare il marito, soldato rosso d’istanza a Vladivostock. Poi la cittadina di Ufa, e l’ambiziosa scuola di danza Vaganova di San Pietroburgo (le ricostruzioni sono state tutte allestite in Serbia), dove l’acerbo Nureyev ha iniziato a perfezionare le sue straordinarie doti. Un film che dal bianco nero degli inizi vira poi sul colore, accentando le diverse – e tavolta drammatiche – vicissitudini del danzatore: “E’ stata una scelta pensata e profondamente voluta – spiega ancora il regista a proposito dell’uso del bianco e nero iniziale – Il suo percorso umano e professionale non ha eguali. Nureyev ha vissuto nell’estrema indigenza, in una città poverissima, era nato a Irkutsk, ma è diventato uno dei più grandi danzatori del XX secolo, una star planetaria grazie sicuramente ai suoi talenti, ma soprattutto alla sua determinazione, alla sua tenacia, alla sua passione”.
Quindi Parigi, la scoperta dell’occidente e la rocambolesca fuga. Ma, tiene a precisare Fiennes, “Non volevo portare assolutamente sul grande schermo un film storico-politico, perché la fuga di Nureyev non ha nulla di ideologico. Nureyev era semplicemente un artista. Voleva danzare, danzare, danzare. Era convinto, che per quel suo carattere ribelle, in Russia sarebbe stato severamente punito. Forse gli avrebbero persino impedito di esibirsi a teatro”.
Ad ogni modo, proprio perché organizzata – e sostenuta – da alcuni suoi amici-danzatori parigini, ‘la piroetta’ con la quale Nureyev eluse gli agenti del Kgb (per poi chiedere asilo politico alla Francia, e beccarsi dal suo Paese la condanna in contumacia per alto tradimento), pronti a prenderlo in consegna all’interno dell’aeroporto Le Bourget, è un ulteriore ‘gesto tecnico’ che sottolinea la totale aderenza dell’uomo all’artista: un unicum, composto da amore, rabbia e passione.
Nei cinema Rudolf Nureyev è interpretato da Oleg Ivenko mentre, lo stesso Ralph Fiennes, incarna il suo primo e carismatico maestro: Alexander Pushkin. Un personaggio che il regista ha attentamente studiato facendo mole ricerche su di lui, ed ascoltando diverse testimonianze, anche video .
Insomma un film da vedere per tutti, anche per i non fan della Danza, perché questa storia che racconta un bel pezzo di storia, è soprattutto la vicenda di un giovane che è riuscito a vincere pur avendo tutto e tutti contro,…
Max