È iniziato ieri il processo a carico di Roman Polanski. Il famoso regista è stato condannato per violenze sessuali nei confronti di una minorenne, Samantha Gailey, con l’ausilio di sostanze stupefacenti. I fatti risalgono al 1977. Polanski si dichiarò colpevole e venne rinchiuso nel reparto psichiatrico del carcere di massima sicurezza di Chino. Si parlò di “valutazione psichiatrica”. Successivamente venne rilasciato e iniziò la sua fuga dagli Stati Uniti. La giustizia non ha mai smesso di perseguirlo. A ottobre, infatti, la polizia americana ha cercato nuovamente di arrestarlo, dopo averlo notato in televisione, come ospite della cerimonia di inaugurazione del nuovo Museo della storia di ebrei in Polonia.
La sessione si è tenuta al tribunale distrettuale di Cracovia, a porte chiuse su richiesta del regista e dei suoi avvocati Jan Olszewski e Jerzy Stachowicz. Polanski ha dovuto presentarsi davanti alla corte per decidere una eventuale estradizione dalla Polonia agli Stati Uniti. Ha affermato di credere nei giudici polacchi, e di rispettare la procedura formalmente necessaria.
Barbara Gorszczyk, portavoce del tribunale, ha asserito che verranno esaminate tutte le dichiarazioni dell’82enne e probabilmente verrà chiesta una documentazione agli Stati Uniti. Il tribunale ha bisogno di tempo per la traduzione dei testi in arrivo dalla Svizzera, quindi il processo sembra non doversi concludere a breve. Ad aprile, infatti, è stata fissata un’altra sessione.