Sempre più rifiuti urbani da gestire: nel Centro Italia mezza tonnellata a testa nel 2018. Sette regioni su venti arrivano al 65% di differenziata fissato dalla normativa, salto in avanti per Sicilia e Molise. Impianti non al passo con le esigenze della differenziata, pochi e mal distribuiti. Organico il più raccolto, ma alcune regioni senza impianti per trattarlo. Esportate all’estero 500 mila tonnellate di rifiuti. Sono in sintesi i punti centrali del Rapporto Rifiuti Urbani 2019 di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) presentato alla Camera che mostra gli ultimi dati disponibili a livello nazionale relativi al 2018.
Dopo sei anni di decrescita, sotto 30 milioni di tonnellate, nel 2018 la produzione nazionale dei rifiuti urbani torna a superare tale cifra e si attesta a quasi 30,2 con un aumento del 2% rispetto al 2017. La crescita è ancora maggiore se si guarda al dato pro capite: +2,2%, che in termini di quantità è pari a poco meno di 500 chilogrammi per abitante.
I valori più alti di produzione pro capite si osservano per il Centro, con 548 chilogrammi per abitante, con un aumento di oltre 10 kg per abitante rispetto al 2017. Il valore medio del nord Italia si attesta a circa ai 517 chilogrammi per abitante, in crescita di 14 kg per abitante rispetto al 2017, mentre il dato del Sud si attesta a 449 chilogrammi per abitante, con un aumento di 7 kg. La produzione pro capite di questa macroarea risulta inferiore di quasi 51 chilogrammi per abitante rispetto al dato nazionale e di quasi 100 chilogrammi in raffronto al valore medio del Centro.
Ad eccezione di Marche, Molise e Sicilia, tutte le regioni italiane fanno rilevare, tra il 2017 e il 2018, una crescita della produzione dei rifiuti urbani. I maggiori incrementi si osservano per il Piemonte (+5,1%), il Trentino Alto Adige (+4,5%) e la Sardegna (+3,7%).
Analogamente ai precedenti anni, la produzione pro capite più elevata, con 660 chilogrammi per abitante per anno, si rileva per l’Emilia Romagna, il cui dato risulta in crescita del 2,8% rispetto al 2017. Segue la Toscana, il cui pro capite si attesta a 612 chilogrammi per abitante, che fa rilevare una crescita dell’1,8%. In tali contesti il valore è influenzato dalla tendenza all’assimilazione, che porta a computare nei rifiuti urbani anche quelli da attività artigianali, commerciali e di servizio.
Guardando al dato provinciale, sono in Emilia Romagna le province che producono più rifiuti: Reggio Emilia (761 kg), Rimini (754), Ravenna (735) e Forlì-Cesena (726).
Si osserva che nel 2018 l’andamento dei rifiuti è andato di pari passo con quello degli indicatori socio-economici. Tutti in crescita, quindi, i valori del PIL, della spesa per consumi finali delle famiglie residenti e non residenti, e della produzione di rifiuti. Cosa che non era accaduta nel 2017, quando si era verificato un disallineamento tra gli indicatori.
Raccolta differenziata
Si conferma il trend di crescita anche nel 2018 con un +2,6 punti percentuali a livello nazionale rispetto all’anno precedente, raggiungendo così il 58,1%. Nell’ultimo decennio la percentuale è aumentata di quasi 25 punti percentuali, passando dal 35,3% al 58,1%. In termini quantitativi da circa 9,9 milioni di tonnellate a 17,5 milioni di tonnellate.
Un salto significativo si rileva al Sud con un aumento della percentuale di raccolta di 4,2 punti nel 2018, in particolare in Sicilia (+7,8 punti) e in Molise (+7,7 punti), seguite dalla Calabria (+5,6) e dalla Puglia (+5). Un miglioramento importante, anche se non fa spostare le quattro regioni dalle ultime posizioni a livello nazionale.
Sono 7 le regioni italiane che superano l’obiettivo del 65% di differenziata fissato, al 2012, dalla normativa: Veneto (73,8%), Trentino Alto Adige (72,5%), Lombardia (70,7%), Marche (68,6%), Emilia Romagna (67,3%), Sardegna (67%) e Friuli Venezia Giulia (66,6%). Tra queste regioni, quelle che fanno registrare i maggiori incrementi delle percentuali di raccolta sono, nell’ordine le Marche, la Sardegna e l’Emilia Romagna.
Percentuali ancora più alte di differenziata si registrano a livello provinciale: a Treviso, che si attesta all’87,3%, seguita da Mantova (87,2%), Belluno (83,4%) e Pordenone (81,6%). Significativa la crescita in Sicilia di Siracusa: quasi 11 punti in più di differenziata (dal 15,3% del 2017 al 26,2% del 2018) e Messina (dal 20,8% del 2017 al 28,7%). In Calabria cresce Crotone (27,3%, a fronte del 22,9% del 2017).
Gestione e impianti: Quale strada prendono i rifiuti urbani raccolti
Il recupero di materia rappresenta la maggior porzione di gestione dei rifiuti (28%), segue il conferimento in discarica (22%, quasi 6,5 milioni di tonnellate), il trattamento biologico della frazione organica e l’incenerimento.
Sono 646 gli impianti di gestione dei rifiuti urbani attivi nel 2018, in particolare 353 al Nord, 119 al Centro e 174 al Sud. Oltre la metà di questi è dedicata al trattamento dell’organico (339 impianti). In generale, l’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, e non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti.
I rifiuti urbani smaltiti in discarica, nel 2018, ammontano a quasi 6,5 milioni di tonnellate, facendo registrare, rispetto alla rilevazione del 2017, una riduzione nazionale del 6,4%. Solo nel Centro Italia si è registrato un incremento (+4,3%), mentre sono scesi di oltre il 10% il Nord e del 9% il Sud. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 60%, passando da 15,5 milioni di tonnellate a circa 6,5. Sono 127 le discariche che sul territorio nazionale hanno ricevuto rifiuti provenienti dal circuito urbano: 56 al Nord, 25 al Centro e 46 al Sud.
Il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (5,6 milioni di tonnellate), il dato è in aumento del 5,8% rispetto al 2017. Su 38 impianti operativi, il 68% si trova al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia Romagna.
I rifiuti del Lazio in Friuli Venezia Giulia e Veneto
Analizzando i flussi di rifiuti organici avviati fuori regione, i maggiori quantitativi derivano dalla Campania (circa 487 mila tonnellate) e dal Lazio (oltre 270 mila tonnellate), entrambe caratterizzate da una dotazione impiantistica non adeguata a quanto prodotto.
Nel caso della Campania è il Veneto a ricevere la quota più considerevole dell’organico (49,7% del totale). Per quanto riguarda il Lazio, è invece il Friuli Venezia Giulia la regione cui sono conferiti i quantitativi maggiori (pari al 48,7%), a seguire il Veneto (23,4%).
Import/Export dei rifiuti
L’esportazione dei rifiuti interessa l’1,5% dei rifiuti urbani prodotti e aumentata del 31% rispetto al 2017, mentre calano dell’8% le importazioni.
Abbiamo portato fuori dai confini nazionali soprattutto combustibile solido secondario (45%) e rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (18%). Austria e Portogallo i Paesi cui vengono destinate le maggiori quantità di rifiuti urbani. A inviarle sono soprattutto due regioni: il Friuli Venezia Giulia e la Campania, rispettivamente 27% e 22% del totale esportato.
Abbiamo, invece, importato plastica (29%), vetro (25%) e abbigliamento (22%). Soprattutto dalla Svizzera, con il 33% del totale importato: si tratta soprattutto di rifiuti di imballaggio in vetro, destinati ad impianti di recupero e lavorazione situati perlopiù in Lombardia. L’abbigliamento, invece, è destinato in massima parte alla Campania, presso aziende che ne effettuano il recupero.
Costi di gestione
Cresce il costo della differenziata: +3,46 euro l’anno per abitante e al Centro si paga di più (208,05). Nel 2018, il costo medio nazionale annuo pro capite è pari a 174,65 euro/ab per anno (nel 2017 era 171,19). La cifra è la somma di varie componenti: 56,17 euro/abitante anno per la raccolta indifferenziata, 53,60 per la differenziata, 21,41 per spazzamento e lavaggio delle strade, 35,57 per i costi comuni e, infine, 7,89 euro/abitante anno per i costi di remunerazione del capitale.
Al Centro i costi più elevati (208,05 euro/ab*anno), segue il Sud con 186,26 euro/ab*anno. Al Nord il costo è pari a 154,47 euro/ab*anno.
Confermato anche per il 2018 quanto Ispra va osservando da alcuni anni sul “Pay-As-You- Throw”, il sistema di tariffazione puntuale applicato dai diversi comuni italiani. Grazie ad uno studio condotto su un campione di 593 comuni, con una popolazione di 4 milioni di abitanti, si osserva che il costo totale medio pro-capite a carico del cittadino è inferiore rispetto ai comuni a Tari normalizzata. Il dato medio nazionale del Pay-As-You-Throw si attesta a 157,79 euro/abitante per anno. A Trento, unica città capoluogo di regione del campione ad adottare il sistema di tariffazione puntuale fa registrare, per l’anno 2018, uno dei costi pro capite più bassi, attestandosi a 153,67 €/abitante per anno, con un livello di raccolta differenziata pari al 81,5%.