La crisi causata dalla pandemia, le restrizioni, i divieti, in un contesto di dilaganti difficoltà economiche e sociali, hanno spinto ristoratori e barman ad una forma di protesta in pieno centro a Roma.
L’iniziativa a Castel San’Angelo è degli imprenditori dell’associazione Italian Hospitality Network. E così, un ecco cocktail senza ingredienti nello scenario irreale e reale al contempo. “Sono in cassa integrazione con un bimbo di soli sei mesi» spiega Daniele Arciello, barman da oltre vent’anni e protagonista insieme ai suoi shaker della performance di fronte Castel Sant’Angelo. Il Bar(rato), un locale che non esiste ma è allestito all’occorrenza, è il simbolo della protesta, «pacifica e rispettosa delle regole» come chiarisce il protagonista, condotta dagli imprenditori di bar e ristoranti dell’associazione Italian Hospitality Network.
«I locali notturni stanno morendo» denuncia Roberto Artusio, proprietario di tre locali tra Trastevere e Testaccio che da 50 dipendenti è sceso a trenta, “tutti in attesa della cassa integrazione di marzo” racconta l’imprenditore che lamenta perdite al 75%. Adesso, ecco il divieto di asporto dopo le 18. «Non ha alcun senso penalizzare i bar se poi possono fare l’asporto, i minimarket». Tornare a lavorare in sicurezza è l’unica cosa che chiedono i ristoratori romani
In questi giorni le iniziative #AbbassoeChiudo e quella di #ioapro hanno fotografato la dicotomia di una crisi del settore che urge risposte, con molti hotel della Capitale e del Lazio in chiusura, come segnalato da AssoHotel a fronte di bonus e ristori considerati insufficienti, il crollo delle prenotazioni e imponenti impegni finanziari a debito. 16 mila le attività a rischio entro primavera secondo una stima di Confcommercio Roma elaborata prima che la Regione diventasse arancione: numeri che potrebbero peggiorare dunque, con stime di perdite oltre il 60%, circa 13 mila dipendenti diretti nel solo ambito alberghiero.