ROMA, OMICIDIO SCAGLIONI. DOPO 23 ANNI TROVATI I COLPEVOLI

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma, Cinzia Parasporo, su richiesta del PM della DDA di Roma, Rodolfo Maria Sabelli, nei confronti di Rinzivillo Antonio (cl. 1957) e Salinitro Marco (cl. 1964), entrambi pluripregiudicati affiliati al clan mafioso “Rinzivillo” di Gela (CL), ritenuti responsabili, in concorso con altri, dell’omicidio di Scaglioni Antonello, assassinato a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato commesso a Roma il 21 ottobre 1990. Lo Scaglioni, all’epoca dei fatti 31enne gestore di un bar sito all’interno del circolo sportivo “Zeffiro Country Club”, sito in Via Salaria a Roma, fu avvicinato nei pressi dell’ingresso del citato circolo da un commando di tre uomini dal chiaro accento meridionale, i quali gli esplosero contro otto colpi d’arma da fuoco, attingendolo alla testa e al torace e dileguandosi repentinamente a bordo di una Ford Taurus rubata. Durante la fuga, nei pressi dello svincolo per Fidene, i killer furono coinvolti in un incidente stradale e abbandonarono la macchina non più marciante in una scarpata adiacente la via Salaria, lasciando a bordo del mezzo una delle pistole utilizzate per l’omicidio, nonché tracce di sangue dovute alle ferite riportate nel corso del sinistro. Le indagini svolte all’epoca non consentirono di individuare gli autori dell’esecuzione e il caso fu archiviato. Nel 2011 il caso è stato riaperto grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, già affiliato al clan gelese “Rinzivillo” il quale ha rivelato che l’eliminazione dello Scaglioni fu deliberata ed eseguita da uomini del citato clan, in quanto la vittima era stato ritenuto responsabile di avere sottratto un carico di eroina che gli era stato affidato, svolgendo egli l’attività di “corriere” di droga. Su tali dichiarazioni il Nucleo Investigativo di via in Selci ha sviluppato un’indagine che ha consentito di acquisire rilevanti riscontri individualizzanti in ordine alle responsabilità del Rinzivillo Antonio e del Salinitro Marco, mentre altri 2 soggetti componenti del gruppo di fuoco sono indagati in stato di libertà. Sul conto di Salinitro è stata anche acquisita la prova scientifica grazie al R.I.S. dei Carabinieri di Roma che ha dimostrato la presenza del suo Dna in una traccia ematica all’epoca repertata a bordo dell’autovettura utilizzata dal gruppo di fuoco. All’epoca dei fatti il clan “Rinzivillo”, gruppo satellite della consorteria mafiosa facente capo alla famiglia “Madonia”, a sua volta affiliata a “Cosa Nostra”, disponeva di una base operativa a Roma – Prima Porta, ove Rinzivillo Antonio, elemento apicale del sodalizio, si era rifugiato per sfuggire alla guerra di mafia in corso contro i clan gelesi della “Stidda” che, tra il 1987 e il 1992, causò oltre cento morti. In tale contesto Rinzivillo Antonio, all’epoca latitante in quanto colpito da diversi provvedimenti restrittivi, deliberò l’omicidio di Scaglioni ritenendolo in grado di rivelare alle Forze di Polizia informazioni utili alla sua cattura. Rinzivillo Antonio venne comunque catturato dai Carabinieri di via in Selci nel dicembre del 1990.

Rinzivillo e Salanitro erano già detenuti a seguito di condanne per altri omicidi, e si trovano reclusi rispettivamente presso le casi circondariali di Tolmezzo (UD) e Napoli-Secondigliano.