Hanno gli stessi riti, lo stesso linguaggio, commettono anche gli stessi reati che li hanno resi uno dei gruppi criminali organizzati più temuti al mondo. La ‘Ndrangheta ha messo le mani anche su Roma. La conferma è arrivata questa mattina, a seguito dell’inchiesta “Propaggine”, condotta dalla Direzione investigativa antimafia e dalla Dda romana, che ha mandato agli arresti, tra carcere e domiciliari, circa 40 persone.
Così quella che è stata definita la prima ‘ndrina romana è stata smantellata. A capo, secondo gli inquirenti, c’erano due boss: una diarchia che aveva incassato il consenso della casa madre calabrese per ingrossare il giro d’affari anche nella Capitale. “Siamo una carovana per fare la guerra”, afferma uno dei presunti boss, Vincenzo Alvaro, nelle registrazioni di cui sono entrati in possesso gli inquirenti.
“Siamo una propaggine di là sotto”, si sente ancora, in riferimento alla Calabria, terra d’origine della ‘Ndrangheta. Alcuni degli arrestati, accusati di far parte di una ‘ndrangheta romana, gestivano e controllavano attività economiche in svariati settori: da quello ittico, alla panificazione, dalla pasticceria al ritiro delle pelli e degli olii esausti. E al fine di nascondere la reale identità dei proprietari, facevano ricorso ad intestazioni fittizie
Associazione mafiosa, favoreggiamento commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso e detenzione e vendita di armi comuni da sparo ed armi da guerra aggravate, sono gli altri reati contestati dai pubblici ministeri nei confronti delle 43 persone raggiunte da misure cautelari.