Dalle prime ore di questa mattina sono in corso due vaste operazioni della Squadra Mobile di Roma che sta eseguendo 8 misure cautelari emesse dal Gip su richiesta della Procura della Repubblica di Roma a carico di altrettanti soggetti.
Responsabili, a vario titolo, di spaccio di sostanze stupefacenti sia in una nota piazza di spaccio a San Basilio che all’interno del carcere di Rebibbia. Arresti anche per traffico di armi. Nel corso delle operazioni “servizio a domicilio” e “In & out” sono state arrestate 8 persone: undici sono gli indagati per droga e armi.
Aggiornamento ore 11
Un’indagine vecchio stampo, corroborata da appostamenti e pedinamenti nonché da intercettazioni telefoniche, che hanno consentito di decriptare le parole in codice, “…er caffè, …marlboro light da 20…, …ballerina…, …pensierino…, …macchina…, …quello…, …magliette…”, utilizzate per l’approvvigionamento, il trasporto e la successiva vendita al dettaglio con la recente tecnica del “servizio a domicilio”; da qui il nome dell’operazione. Le indagini partono da un episodio cruento che ancora una volta dipinge di nero le cronache della criminalità romana: il ferimento di Emiliano Catrisano, gambizzato in via Mammucari il 2 gennaio 2018.
Catrisano, pluripregiudicato per reati inerenti sostanze stupefacenti, più volte è stato controllato nel comprensorio di Via Mammucari 25 con altri pregiudicati. Gli approfondimenti investigativi successivi al ferimento hanno confermato che spacciava proprio presso il comprensorio di via Mammucari, nota “piazza di spaccio” del quartiere Tiburtino III. Pur rimanendo ignoti gli autori della sparatoria, era evidente che il movente fosse riconducibile allo spaccio di droga.
“…ce stai?…”, “…te posso passà a trovà?..al volo….”, “…se potemo incontrà! vengo a pià er caffè!?…” questo il gergo usato da Catrisano per parlare al telefono, intercettato, con i suoi soci-fornitori Manuele Seretti, Stefano Marziale e Giacomo De Lucia. Soltanto Seretti, oltre ad essere uno dei fornitori più fidati di Catrisano, in diverse circostanze si è reso parte attiva dello spaccio.
Una volta entrato in possesso dello stupefacente, Catrisano invitava i suoi “clienti” presso la propria abitazione di via Augusto Mammucari “…salgo io o scendi te?…”,“.. viè qua sotto..al portone mio..che scendo io..”, che utilizzava come “base logistica” per l’occultamento dello stupefacente per il successivo smercio della medesima sostanza, evidentemente ritenendola un posto sicuro in caso di un eventuale blitz da parte delle Forze dell’Ordin.
Quando gli acquirenti erano impossibilitati a raggiungerlo a casa, lui stesso offriva il servizio a domicilio “me poi veni a prende…? “…n’do stai sempre la… al solito posto?… “esatto si…”; “…ce la faresti a venimme a pià?”; “che voi fa.. voi passa da me?!….c’ho solo…da.. grossi..”; “ io sto a casa….. ma è sicuro!!…mezza piotta.. me serviva…” ; “si sicuro.. 10 minuti di orologio e sto sotto casa tua…ok!!; “…aho a zi.. calcola che tre minuti e sto sotto.. da te e.. fatte trova giù però eh..!…”. Stessi reati per M. S. e M. M., compagna di Catrisano, indagati nel medesimo procedimento ma non arrestati.
Questa mattina la Squadra Mobile di Roma, ha eseguito 4 misure cautelari a carico di due donne e due uomini, scardinando un sodalizio criminoso composto da tredici persone che, attraverso alcuni sodali detenuti presso il Carcere di Rebibbia, pianificavano reati da compiere all’esterno con armi e introducevano droga nella struttura carceraria.
Gli arrestati, di età compresa tra i 31 ed i 47 anni, tutti romani e con vari precedenti per reati contro il patrimonio ed in materia di armi e stupefacenti, sono ritenuti responsabili a vario titolo, in concorso con altre nove persone indagate delle quali quattro detenute, per spaccio di sostanza stupefacente introdotta all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia e detenzione illegale di armi clandestine da sparo e relativo munizionamento. La droga veniva consegnata durante i colloqui ad alcuni carcerati i quali provvedevano successivamente a spacciarla ad altri reclusi.
Il gruppo criminale era coordinato da alcuni detenuti del Carcere di Rebibbia che commissionavano l’approvvigionamento sia di armi da reperire nel quartiere di Tor Bella Monaca sia di sostanza stupefacente da spacciare dentro la struttura carceraria.
Per portare a termine le “operazioni” approfittavano della concessione di permessi premio per pianificare le attività illecite e si avvalevano della collaborazione di persone a loro vicine e familiari, per mettere in pratica quanto stabilito, sfruttando alcune donne per introdurre – in occasione dei colloqui nell’apposita “area verde” del carcere – soprattutto pasticche con il principio attivo della buprenorfina.
Le indagini della sezione “Reati contro il Patrimonio” , supportate da attività tecnica con intercettazione ed analisi dei tabulati di traffico telefonico, hanno preso spunto da alcuni controlli effettuati da personale della Polizia Penitenziaria all’interno delle celle dove sono stati trovati telefoni cellulari di ridottissime dimensioni utilizzati dai detenuti per comunicare con familiari e sodali all’esterno.
A novembre del 2016 è stato riscontrato che effettivamente dall’interno del carcere partiva l’ordine diretto agli altri indagati di acquisire armi e droga: a Tor Bella Monaca sono stati arrestati O.M. e P.A. sorpresi sia nella detenzione di un fucile a canne mozze modificato con circa 30 munizioni, che di svariate dosi di hashish e cocaina.
Successivamente, con la collaborazione della Polizia Penitenziaria, sono stati effettuati due ingenti sequestri di compresse sublinguali, sorprendendo due donne – con stretti legami di parentela con alcuni carcerati – che le occultavano nelle parti intime al fine di consegnarle ai detenuti e spacciarle successivamente.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi, effettuata alle prime ore della mattinata ha portato una persona alla Casa Circondariale di Regina Coeli ed una a quella di Civitavecchia, una persona è stata messa agli arresti domiciliari ed un’altra all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.