Il crollo del palazzo numero 65 avvenuto il 16 dicembre del 1998 in via di Vigna Jacobini con la morte di 27 persone “fu dovuto essenzialmente a carenze progettuali con scarsa qualita’ ed estrema disomogeneita’ del calcestruzzo e riduzione nel tempo della portanza dei pilastri”. A questo “si aggiunsero gli effetti di un microclima creatosi nella tipografia che si trovava al piano terreno e nel seminterrato del palazzo dopo lavori di ampliamento”. E’ quanto si legge nella motivazione della sentenza con la quale la Corte d’Appello ha assolto, dopo quattro giudizi, dalle accuse di omicidio plurimo colposo e disastro colposo, Mario Capobianchi che all’epoca era responsabile della tipografia. Un altro imputato Vincenzo Mudano’ e’ morto nelle more dei processi. Nella motivazione della sentenza i giudici si soffermano anche a valutare gli effetti provocati dal microclima e dalle variazioni termiche ambientali dopo l’ampliamento della tipografia rilevando che c’e’ “una stretta interdipendenza tra il numero di macchine stampanti, relative a emissioni di calore, innalzamento della temperatura, abbattimento del tasso di umidita’ relativa”. Secondo quanto si legge nel documento “l’accentuato sfaldamento della consistenza delle strutture cementizie del seminterrato era sicuramente da collegare oltreche’ ovviamente alle originarie anomalie costruttive dell’edificio al ’micidiale’ microclima venutosi a creare all’interno della tipografie”. Dopo aver sottolineato che l’accentuato sfaldamento delle strutture portanti all’interno del seminterrato, “non era dovuto all’effetto dei carichi verticali protratti, bensi’ al peculiare microclima che raggiungeva talvolta anche i 36 gradi” la motivazione si sofferma sulla posizione di Capobianchi e anche di Mudano’. In proposito i giudici affermano che a loro “non puo’ essere mosso alcun rimprovero per aver fatto ragionevole affidamento, in mancanza di segni di allarme rivelatori delle gravi anomalie costruttive dell’edificio, sulla buona posa in opera dell’edificio medesimo, cosicche’ nella specie non era ragionevolmente prevedibile la possibilita’ del verificarsi di un evento siffatto”. Per i due imputati la Corte ha emesso sentenza di assoluzione “perche’ il fatto non sussiste”, Comunque i giudici ipotizzano che “stante il livello di fragilita’ ormai raggiunto dalle strutture edilizie del seminterrato gli imputati possano non avere adeguatamente valutato qualche segnale di anomalia delle strutture accidentalmente manifestatosi a causa della frenetica attivita’ produttiva della tipografia”.