“Noi senza stipendio fisso non possiamo rimanere a casa senza lavorare”. Con questo slogan si è svolta l’ennesima mattinata di proteste a Roma. A scendere in piazza del Popolo lavoratori autonomi e partite iva, stremati da oltre un anno di chiusure forzate dalla pandemia. La mobilitazione, organizzata da Autonomi e partite iva, ha coinvolto professionisti, imprenditori dal settore del turismo alla ristorazione, piccole e medie imprese e tutti i loro dipendenti, ovvero il tessuto economico del Paese maggiormente colpito dalla crisi.
“Siamo scesi in piazza per fare proposte concrete al governo – ha spiegato Maurizio Altamura di Autonomi e partite iva – Per soddisfare le esigenze degli imprenditori, in politica ci vorrebbero competenze adeguate. A me sembra che la classe politica attuale non sia in grado di capire quello che sta succedendo in un settore, quello degli autonomi e delle partite iva, totalmente allo stremo”.
“Questa crisi – ha proseguito Altamura – ha generato un problema di equità: c’è un’Italia di serie A e una di serie B. Noi, motore del Paese, siamo stati confinati nella seconda categoria. Così non riusciamo più ad andare avanti”.
Alcuni lavoratori del settore alberghiero hanno partecipato alla manifestazione in mutande. La scelta non ha solo un valore simbolico, ma rappresenta letteralmente le difficoltà e i disagi che provano i gestori di queste attività. “Ci hanno lasciati in mutande, questa è la situazione”, hanno raccontato i presenti.
Concretamente, oltre a ristori adeguati e alla riapertura in sicurezza (i manifestanti erano posizionati su degli adesivi posti sul terreno adeguatamente distanziati), il movimento Autonomi e partite iva chiede il riconoscimento dell’80% delle perdite aziendali, come da modello tedesco, sulla base del confronto tra i fatturati 2018 e 2019-2020, la sospensione della tassazione e della contribuzione, la sospensione delle cartelle esattoriali 2020-2021 e la rimodulazione complessiva e la proroga della sospensione degli sfratti dei locali commerciali di attività in crisi per le chiusure.
Mario Bonito