Per chi avrà visto la partita senza il pathos del tifo di parte, sarà stata una sfida affascinante, divertente. Per chi indossa sciarpe giallorosse o abbraccia la Dea non per paganesimo ma per tifo, forse, un po meno. Adrenalina a parte, resta da una parte lamaro in bocca, e dallaltra lidea dello scampato pericolo.
Perché Atalanta e Roma si dividono la posta in un Olimpico vestito a festa per la prima in casa della squadra di Pallotta, ma nel 3-3 con cui concludono il match che è stato aperto fino allultimo, cè stato di tutto e il contrario di tutto. Prima il lampo magico di Pastore, col tacco in gol al pronti-via.
Poi il predominio dei bergamaschi, che si sono portati al pari, e poi al sorpasso, e poi allallungo sul 3-1. Sembrava una ecatombe sportiva per la Roma, e un coronamento di un modus vivendi calcistico, quello del Gasp, che è tanto amato dai fan di parte quanto spesso sottovalutato dagli addetti ai lavori. Eppure, con un paio di cambi e un cambio di rotta nella mentalità, la squadra di Di Francesco è ritornata sul match, giocando un ottimo secondo tempo che ha riacciuffato con il gol di Florenzi e di Manolas. Sono loro che hanno pareggiato i gol di Castagne e di Rigoni (doppietta).
Di Francesco parte col un 4-3-3 con Pastore ala sinista con Dzeko e Under. A centrocampo Pellegrini, De Rossi e lex di turno Cristante. Gasperini manda in campo una specie di Atalanta B, in vista dellimpegno di coppa. Non solo in panca il Papu, ma metà titolari: eppure, per chi gridava al complotto pro Roma, le urla saranno rimaste in gola: Atalanta super, dominante, troppo dinamica e in forma per una Roma barcollante, atleticamente a terra e tatticamente in bambola.
Il calo bergamasco e lorgoglio giallorosso, poi, hanno fatto il resto. Manolas anticipa Castagne e fa 3-3. Gli schemi non ci sono più, tutti possono vincere e perdere. Fino al gong: è pareggio, ma suona più come vittoria per la Roma (e campanello dallarme al contempo) che non come un buon punto per una giovane Atalanta che ha davvero rubato gli occhi.