“Occorre un ragionamento complessivo, un lavoro a 360 gradi che vada in profondita’, investendo di responsabilita’ tutti. Oggi, invece, si delega tutto alla scuola, considerandola l’unica agenzia formativa, senza pensare invece che serve una rivoluzione culturale”. A dirlo all’Adnkronos e’ Barbara Evola, assessore alla Scuola del Comune di Palermo, dopo lo scandalo dell’inchiesta sulle ’baby squillo’ ai Parioli. Secondo l’esponente della Giunta targata Leoluca Orlando, l’indagine condotta dalla Procura di Roma, “deve interrogarci tutti, nessuno escluso, sui modelli culturali proposti ai ragazzi, che sono lo specchio del mondo creato dagli adulti. Modelli che pongono il denaro, svincolato dall’etica, al primo posto. Modelli offerti da trasmissioni tv, pubblicita’, serie televisive, in cui il corpo delle donne diviene merce. Occorrerebbe, allora, una riflessione profonda sulla direzione che il mondo dei grandi fornisce a piccoli ed adolescenti”. Ma un ruolo nella progressiva deriva di valori e’ svolto anche dalla famiglia. “Trovo devastante e sconcertante – dice Evola – che adulti e genitori, come emergerebbe dalle indagini sulla vicenda delle baby squillo, possano trovare naturale la vendita del corpo dei figli per sostenere nuclei familiari in difficolta’. Di fronte a simili aberrazioni non si puo’ puntare tutto sulla scuola, che rischia di diventare un grande ’progettificio’ senza effetti concreti”. Al contrario per l’assessore comunale con delega alla Scuola e’ necessario mandare “un messaggio forte ed univoco dentro e fuori la scuola, per far si’ che questa non diventi un mondo a se stante, ampliando lo scollamento con la realta’ esterna. Nessun progetto portato avanti negli istituti scolastici puo’ avere effetti se questi modelli educativi nuovi non sono seguiti anche fuori. Quello che serve e’ una rivoluzione culturale, che sia praticata da tutti: famiglie, istituzioni e scuola. Quello che noi possiamo, anzi dobbiamo fare – conclude Evola – e’ essere piu’ veloci nella capacita’ di cogliere il disagio sociale e nel segnalarlo agli organi competenti. Ma non demandiamo tutto agli insegnanti”.